Il dizionario sgangherato
Se uno era ricco, era sempre sfondato, se aveva la barba, era sempre folta, se c’era un fuggi fuggi, era generale: queste sono alcune delle espressioni che Paolo Nori ha cominciato a catalogare nel febbraio 2015. Le chiama “parassite” perché le usiamo senza pensarci, le snoccioliamo senza accorgercene. Ha proseguito poi l’elenco, chiamando i lettori del suo blog a collaborare, e la lista si è allungata. E allora un quadro è sempre allarmante, la folla è ovviamente oceanica e il lupo, beh, il lupo è solitario. E così capita che la lingua, parlata e scritta, diventi un po’ meno ricca e pure un poco prevedibile.
Vincenzo Ostuni invece usa Twitter per catalogare disastri linguistici e storture entrati nel dire comune. L’hashtag che ha scelto è assai esplicito, ovvero #paroleorrende. L’elenco è (non a caso) vertiginoso, e molto variegato.
Il consiglio è leggerle, tra un sorriso e una smorfia, perché in effetti se, come sostiene Wittgenstein,“i limiti del mio linguaggio costituiscono i limiti del mio mondo”, allora forse possiamo, con un piccolo (grande) sforzo, spostare un poco i limiti.
E magari scrivere una canzone di 6 minuti e 4 secondi che contiene 1.560 parole.
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