KAZUO ISHIGURO

I suoi romanzi nascono da due o tre righe appuntante su un block notes che tiene sempre in tasca. Anche ieri sera al Circolo l’aveva con sé.
Sta viaggiando molto per dialogare intorno all’ultimo romanzo, Il gigante sepolto. (La moglie Lorna MacDougall, una scozzese dai capelli rossi e le scarpe di camoscio a punta, occhi azzurri e tanti sorrisi, ci racconta che negli Stati Uniti ha parlato in 15 città e ogni volta il pubblico era giovane, giovanissimo: “forse grazie a Non lasciarmi”, ha aggiunto).

 

«Ho speso metà della mia carriera di scrittore a indagare come il singolo decide cosa ricordare e cosa dimenticare. Con questo romanzo ho voluto raccontare la lotta con i ricordi di una Nazione».

Ricordare o dimenticare, quindi? Quando si attiva il meccanismo che porta all’oblio? Ricordare è un atto volontario o involontario? Per rispondere non ha usato fonti letterarie precise né fatto una ricerca storica preliminare.
Ha guardato alla storia recente: il conflitto bosniaco degli anni Novanta, le stragi in Ruanda, ma anche le nuove ondate migratorie che pongono l’Europa davanti a una serie di domande.
Per Ishiguro la nostra storia è costellata di passaggi oscuri.

Ha inventato così un mondo impossibile che fa da sfondo a una storia che poteva averne infiniti: “Se sostituissi i draghi con i telefonini nulla cambierebbe”, ha detto, perché non è quello l’importante. L’importante è che il lettore si avventuri in un mondo neutro e poi, al momento giusto, capisca che quel mondo è il suo, seppur distante, seppur immaginato. Che rifletta sui propri di ricordi, belli o brutti, necessari o inutili.
Schiarire o accettare i passaggi oscuri, ecco cosa invita a fare.

L’impressione è che Ishiguro pensi molto ai suoi lettori, che pensi a ognuno di loro, mentre scrive. Ciò che crea con i suoi romanzi è un vero dialogo tra la propria esperienza e quella di altri, sconosciuti. Come un incantesimo.
(A Edimburgo, ha detto Lorna, erano in un teatro, lei sempre seduta in fondo, proprio come ieri sera. Non si sentiva niente, i microfoni erano pessimi, ma nessuno diceva niente. Il pubblico non sentiva e non protestava nemmeno, lo guardava).
E poi: i primi lettori si sono presentati sette ore prima dell’incontro, le sale piene, articolati interventi del pubblico, la coda per il firmacopie infinita.
(e Lorna che ci dice: no, Freud non lo conosce così bene, anche se parla di memoria, ha letto molto, ma altro, ognuno ci trova qualcosa).
Ognuno riempie d’oro la lacuna che Ishiguro lascia sulla pagina.

 

 

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