#ToSp2015_BENE E MALE
Le riflessioni a cui perviene Rav Haim Fabrizio Cipriani fanno paura: le energie del male sarebbero derivate dal divino, sarebbero sua parte integrante. Ma se facciamo così fatica a concepire un’idea simile, chiediamoci perché ce la prendiamo con Dio quando siamo vittima del male. Perché anche il pio e giusto Mendel Singer del romanzo di Roth, dopo essersi aggrappato per tutta la vita alla Torah e ai suoi salmi, alla fine si ribella e rinuncia a onorare un Dio che lo punisce e lo ferisce?
Molti sistemi filosofici hanno tentato per secoli di negare che ci fossero due fonti: una del bene, cioè Dio, e una del male. Hanno cercato di considerare il male soltanto come assenza di Dio, così come il freddo è assenza di calore e il buio è assenza di luce. Eppure, se Dio ha creato tutto e tutto ciò che ha creato è bene, allora da dove viene il male? Esistono forme di male radicale, assoluto, che implicano che ci sia un modo per certi esseri umani di attingere a delle forze oscure e così potenti che non possono che provenire da Dio. Altrimenti si dovrebbe mettere in discussione l’onnipotenza di Dio.
La mistica ebraica prende ad esempio la leggendaria figura di Giobbe: un santo che vuole continuare a essere santo. Si rifiuta di riconoscere la presenza del male e la sua origine divina, per questo ne diviene vittima. Giobbe non vuole vedere il male in Dio. Del resto, ci ricorda Cipriani, quello che vediamo in Dio è quello che vogliamo vedere in noi. E allora, proprio come il povero Mendel Singer, anche noi ci arrabbiamo e ce la prendiamo con Dio per tutto il male che subiamo. Ma poi, alla fine, aspettiamo il miracolo e lo accogliamo felici quando arriva, così finalmente possiamo vedere e riconoscere tutta la potenza del bene nel nostro Dio. E anche in noi.
Marta Marzola