LA CONDANNA DEL TEMPO
Eppure l’hai fatto poco meno di un Dio. Fernando Savater affronta il tema delle lezioni di Torino Spiritualità 2015 da un punto di vista più umano che divino. Perché quel “poco meno” che ci separa da Dio in realtà è molto ampio, è infinito, è il tempo. Il tempo è degli uomini, non di Dio. Il tempo è quello che condanna la nostra vita ad una fine. Gli animali, che pure condividono il nostro mondo e la vita su questa terra, non hanno tempo; muoiono sì, come gli uomini, ma non sanno di morire e quindi sono quasi immortali. Gli uomini invece sono gli esseri mortali per eccellenza, sanno di vivere nel tempo e che quel tempo non sarà mai abbastanza. È la consapevolezza di avere un termine, a condizionare e guidare la loro vita.
A partire dall’antichità gli uomini sognano l’immortalità. La Sibilla Cumana, una delle sacerdotesse di Apollo, chiese al Dio di renderla immortale in cambio dei servigi resi. Apollo glielo concesse. Ma quell’immortalità la condannò ad invecchiare per sempre, fino a che il suo corpo si consumò, fino a quando lei implorò di morire.
E quindi quale sarebbe la condanna? Morire o non morire?
La saggezza consiste nel vivere nel presente, avendo coscienza del passato e del futuro; ma senza sostituire al presente la nostalgia del passato o le paure e le aspettative per il futuro. Bisogna che lo abbracciamo tutto questo nostro tempo e insieme ce ne dimentichiamo.
Dobbiamo imparare dai bambini, che non hanno consapevolezza del tempo che scorre. Peccato sia proprio quel tempo che scorre a farci smettere di essere bambini.
Marta Marzola