#ToSp2015_SCRIVERE AL BUIO
Proprio come quando scrive, le sue parole prendono forma e colore, ci portano lontano nel tempo e nello spazio.
Lo vediamo ragazzino, “orfano con i genitori”, che disegna e comincia a scrivere, quando scrivere per lui significava creare contatti con le persone, parlare e immaginarsi le risposte di interlocutori assenti.
Quaderni, parole, fotografie ritagliate dai giornali. E accanto a lui c’è lo zio Edgar che batte a macchina i suoi scritti e li conserva gelosamente in un baule; quel baule che verrà aperto dopo tanti anni in Portogallo, a casa del fratello di John.
Lo guardiamo dipingere, registrare sensazioni ed esperienze, e poi smettere di farlo, perché dipingere non era abbastanza in un mondo sul punto di esplodere in una guerra nucleare. E ancora mentre sta insegnando Disegno: non ha bisogno di parole, non offre ai suoi allievi modelli da seguire ma li aiuta a raggiungere i loro obiettivi, con la delicatezza di chi ha capito che non esiste né “giusto” né “sbagliato”.
Vediamo Berger che legge e rilegge e impara dai libri; che “naviga a vele spiegate nell’oceano dell’Ulisse”. Poi lo spiamo mentre scrive e riscrive, corregge i suoi testi anche cinque volte, perché “uno scrittore deve dirlo bene ciò che vuole dire”.
E alla fine abbiamo capito, abbiamo visto, abbiamo sentito cosa significhi mettere insieme i pezzi e riuscire a stabilire un contatto con qualcun altro, in un mondo che è sempre più frammentato, che è sempre più buio.
Marta Marzola