chi l’ha detto che un libro non si giudica dalla copertina?

I libri si giudicano soprattutto dal loro vestito. È la copertina che comunica subito qualcosa, a noi che entriamo in libreria alla ricerca. Sono tre le cose a cui deve assomigliare – lo dice Riccardo Falcinelli – e deve assomigliare al libro che racchiude, all’editore che lo pubblica, al lettore che lo compra.

È il packaging che ci attira, come succede con un prodotto qualsiasi. Un classico, con un vestito nuovo, è rassicurante come il sapone di Marsiglia, e dice: Non posso mancare nella tua biblioteca ideale, come la saponetta che usava la nonna è sicuramente la più efficace. Una novità può essere comunicata anche solo con un dettaglio che spiazza le aspettative. L’omino vestito di bianco pronto a ricevere la pallina con la sua racchetta stravolge la classica cornice Adelphi, è il caso di Tennis di John McPhee. Il pasciuto Radar, cellulare e fogli che volano dalla borsa, è un disegno di Tuono Pettinato che tinge divertito il tipico – e talvolta austero – bianco Einaudi. Ci sono copertine tanto disturbanti quanto efficaci, come certe di alcuni dischi (a loro tempo censurate), per esempio quella del bel libro di Pino Corrias, Dormiremo da vecchi.

Colori decisi o tenui, fotografia o illustrazione, dipinto o lettering dicono molto del pensiero che c’è dietro, del lavoro di officina che è una casa editrice. Ci sono anche casi di filoni, momenti in cui, entrando i libreria, i libri sembrano molto simili l’un l’altro. Qualche anno fa, nel 2010, le copertine erano tutte occhi di giovani donne che guardavano, che spiavano il potenziale lettore seminascoste dietro un’agenda, qualche foglia, un rametto. Giovani donne o bambine, o volti androgini bellissimi. Come dire di no? Sono la serie di copertine spione seguite al successo di La solitudine dei numeri primi.

Vi segnaliamo tre novità, a partire proprio dalla copertina.

1. Una scacchiera colorata e irregolare, i segni di matita visibili, rossi, neri, azzurri, verdi, arancioni, grigi. Autore e titolo amalgamati al resto del disegno. È di Scarabottolo l’opera, il libro è Guanda. Si tratta del ritorno di Adam Thirlwell sugli scaffali con Tenero e violento. La storia nera di un egotico, bugiardo, sessuomane, tra sparatorie e allegria sfrenata, fosco e ironico racconto del crollo di una generazione.


2. Nero, bianco, rosso. Un volto di donna sospeso nel vuoto, un braccio teso regge la cornetta di un telefono. Lei accenna un sorriso, ma il braccio è suo? Non sembra. È bendata, la benda è rossa. L’autore è Altan Gurgantus, il libro è Anche le sante hanno una madre, l’editore Playground. L’autore “si diverte a complicare la verità con una scrittura ironica ed elegante e un colpo di teatro che ribalterà tutto”, scrive Irene Bignardi su Repubblica.


 

3. Il corridoio è lungo e stretto. In fondo, un’ombra nera avvolge alcuni oggetti. Forse è una lavanderia? Una figura vestita di bianco è fotografata nell’istante preciso in cui entra in una delle stanze. Sembra un movimento imprevisto, il suo, come fosse attirata da qualcosa. Sta per scomparire in una luce bianca come il suo vestito. È l’immagine scelta per l’ultimo romanzo di Javier Marías, Così ha inizio il male.


Cosa scegliete? Occhio alle copertine, eh, perché alcune dicono Guarda che non sono io, come De Gregori.
Ps. A proposito di Adelphi, c’è una cosa divertente che sta girando su Facebook.