CERTE PAROLE IN DIALETTO MI PIACCIONO QUASI COME LE DONNE

Abbiamo chiesto a Paolo Nori perché, nell’ambito delle Conversazioni sul neorealismo,
ha scelto Cesare Zavattini. Ecco la sua risposta:

Mi chiedi come mai ho deciso di parlare di Cesare Zavattini, allora sono andato nel mio blog a cercare le cose che ci sono, di lui, e ho trovato questa: «Alzi la mano chi non si gratta mai i coglioni». Che va bene. Poi sono andato avanti ho trovato questa : «Io voglio morire lo stesso giorno che non sono più buono di vestirmi e di svestirmi da solo». Poi sono andato avanti ho trovato questa: «Qui ci vorrebbe proprio un punto esclamativo». Poi sono andato avanti ho trovato questa. «Vi racconterò la mia vita. Giuro sui miei figli che ho coscienza che non è più rilevante di quella di nessun altro, ma ormai non resisto alla tentazione, perché ho la speranza di trovarci dentro non so che pagina non so che anno, una grande sorpresa». Poi sono andato avanti ho trovato questa: «La pianola di mia nipote Nicoletta, a schiacciare i diesis alti veniva fuori il suono del clacson». Poi sono andato avanti ho trovato questa: «Certe parole in dialetto mi piacciono quasi come le donne». Poi mi sono fermato perché mi veniva da piangere.


Cesare Zavattini è nato a Luzzara, in provincia di Reggio Emilia.
Durante l’università cominciò a scrivere sulla Gazzetta di Parma: Zavattini studiava legge ma scrivere gli piaceva di più. Cominciò poi a tenere la rubrica Cinque righe circa sul giornale romano Marc’Aurelio, fondò la rivista satirica Bertoldo, diresse Settebello. I suoi libri sono difficili da inquadrare in una corrente precisa della letteratura del Novecento, attenti tanto ai dettagli dolorosi della vita quanto a quelli umoristici. La fantasia è il filtro per parlare della realtà. Si dedicò al cinema, come soggettista e sceneggiatore, a lui si devono capolavori del cinema neorealista, come Sciuscià e Ladri di bicilette. Disse:

Per quello che riguarda la letteratura ho avuto, fino a non moltissimi anni fa, la speranza che cambiasse la situazione, che potesse cambiare la situazione, quindi scrivere un libro era un atto di deliberata trasformazione di una situazione negativa. Come me l’avevano pensato in tanti.


Questa qualche riga su di lui, ma al Circolo ne parla Paolo Nori il 21 ottobre alle 18.30.
Sarà la seconda conversazione sul neorealismo, il racconto della prima (con Nicola Lagioia, che rilegge Conversazione in Sicilia di Vittorini) è qui