JAVIER MARÍAS: SOLO SE SEI CAPACE DI IMMAGINARE SAI RACCONTARE STORIE
È difficile spiegare come mai una persona come me dedichi tante ore a scrivere. Forse lo è ancora di più spiegare perché io le impieghi nello scrivere invenzioni, o forse, fabulazioni. Ovvero perché, in questo ultimo caso, quando prendo in prestito degli elementi della realtà, io non mi limiti a raccontarli così com’erano, o come i fatti sono avvenuti, ma li attribuisca a personaggi che non sono esistiti, mescolandoli o inserendoli in storie eminentemente fittizie, come a voler diluire quanto è avvenuto o contaminarlo con la finzione.
Sono molti gli scrittori che fanno esattamente il contrario: che badano presentare i loro romanzi e racconti – le loro opere di immaginazione – sotto un’apparenza di realtà: che si servono dei più svariati espedienti per convincere i lettori che le vicende da loro immaginate non sono ali, ma corrispondi a fatti realmente accaduti, o sono come si sul dire “storie vere”. Ogni volta che leggo questa formula, invece di sentirmi tranquillizzato, attratto o incuriosito; invece di pensare che non mi verranno raccontate sciocchezze e invenzioni arbitrarie, piene di banalità e capricci o coincidenze incredibili; invece di ritenere che ciò aggiunta un prestigio o verosimiglianza a ciò che sto per vedere o per leggere, vengo assalito da una sensazione di pigrizia e di noia anticipata, di diffidenza e di rifiuto, di sospetto e addirittura di scetticismo. Il pensiero che ho subito dopo, per quanto vago e non interamente formulato come lo faro ora, è più o meno questo: “Che cosa ci sarà mai di insensato e inverosimile, di eccessivamente casuale, arbitrario e dozzinale in questa storia accaduta nella realtà perché qualcuno debba volermela raccontare come tale, avvertendomi persino che sono tenuto crederci perché è successa veramente e così si è svolta, che a me piaccia oppure no?”.
Questo è il precetto di Isak Dinesen o Karen Blixen che Marías ha citato ieri, durante la sua lectio magistralis al Teatro Gobetti di Torino: “Solo se sei capace di immaginare quel che è successo, di saperlo ripetere nell’immaginazione, vedrai le storie, e solo se hai la pazienza di portarle per molto tempo dentro di te, e di raccontarle e riraccontarle, sarai capace di raccontarle bene“.
Credo che questo sia un dei segreti della letteratura: quando si racconta, o si introduce in un racconto inventato un fatto realmente accaduto, l’unico modo perché risulti accettabile e verosimile nel farlo passare attraverso l’immaginazione e nel riuscire a raccontarlo come se invece non fosse mai accaduto. Forse lo stesso procedimento deve valere per le invenzioni, per ciò che è nato direttamente dall’immaginazione enon è mai successo: lo si deve immaginare come se fosse accaduto davvero, per poi tornare a immaginarlo di nuovo come se, questa volta, non fosse accaduto. Questo è il territorio della letteratura.