PIER PAOLO PASOLINI. SOLO L’AMARE E SOLO IL CONOSCERE CONTA
Ricordiamo Pier Paolo Pasolini né come un’icona né come un martire, ma come uno scrittore e un intellettuale che ancora, a distanza di quarant’anni, è uguale a una sostanza chimica che provoca – a contatto – una reazione, e trasforma. Non è intoccabile Pasolini, i suoi libri sono lì, si possono prendere tra le mani e sfogliare, i suoi saggi sono da leggere, i suoi film da guardare, le sue poesie, ancora, eccole a portata di mano, di occhi, di voce. Il contatto con il presente, con noi, provoca altre reazioni chimiche e altre ancora, che sono sempre diverse.
Quando un autore diventa icona è come se nulla di nuovo ci si potesse aspettare da lui, dal confronto con noi che siamo rimasti. E invece. Di materia vitale ce n’è tanta, e c’è qualcosa di scritto da far proprio senza timore e senza pudore, senza reverenza.
Emanuele Trevi, per esempio, fa emergere un mondo immaginario, e lo fa con il suo libro dedicato al Fondo Pasolini, a Laura Betti, a Petrolio. PPP è già morto, nello spazio del romanzo agiscono i suoi eredi, ma lì il confronto è vivo e vivifica, ancora, la riflessione. Rende vivente il pensiero e il sentimento. Incontrare Pasolini, nel libro, è l’eccezione pericolosa: tra i tanti incontri che si fanno nella vita e che non lasciano nessun segno, quello con lui è esplosivo. Fa scaturire il nuovo, ma dipende dall’approccio. Dipende da quanto l’icona è considerata tale, intoccabile, oppure no.
Né icona né intoccabile. Qui quattro scrittori di oggi parlano dell’eredità di Pasolini: da lui si impara l’attenzione alla lingua d’origine, la parlata di un personaggio dice molto sul luogo da cui proviene. Pasolini dimostra che non ci sono scrittori che scrivono e basta. E poi ci dice anche che la modestia intellettuale è solo un modo per non impegnarsi abbastanza.
Dialogare ancora con quella che è diventata un’icona fa sì che il pensiero si muova di continuo, che si senta sempre scomodo. Pasolini va usato perché quella reazione chimica abbia luogo, perché ci lasciamo catturare, in modi inaspettati. Star fermi, infatti, nuoce, girare su se stessi anche, cambiare idea invece fa bene, per non perdere l’abitudine a esercitare la propria di intelligenza. Lo dice anche lui, in Il pianto della scavatrice: è necessario amare, di nuovo.
Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto.