QUANDO UN ROMANZO DIVENTA UNA SERIE TV. LE TANTE VITE DI MILDRED PIERCE

Sette anni dopo il grande successo di quello che è ancora oggi il suo libro più celebre e ristampato, Il postino suona sempre due volte (1934), James M. Cain dà alle stampe un romanzo decisamente più ambizioso, un’opera chiave del proprio tempo e fondamentale, ancora oggi, per comprendere l’America della Depressione. Mildred Pierce, storia di una casalinga californiana che nelle prime pagine si separa dal marito ed è costretta (siamo nel 1931) prima a guadagnarsi da vivere come cameriera e poi trova il successo come proprietaria di una catena di ristoranti. Anche questo, come il precedente, è un romanzo noir, e del genere conserva un lugubre affidamento nei confronti del fato e soprattutto lo sguardo disincantato sui rapporti umani, in questo caso soprattutto familiari.

Se nel precedente Il postino suona sempre due volte, così come nel successivo La fiamma del peccato (1943), il ruolo di femme fatale è ricoperto dalla protagonista stessa, in Mildred Pierce Cain trasferisce sulla figlia Veda tutto il fascino e la malvagità che il personaggio richiede. Così, alla complessità della protagonista, figura sfaccettata e qua e là contraddittoria, capace di grande ambizione come di abissali debolezze, si contrappone la spietatezza monolitica della figlia.

Come ebbe a scrivere Jean-Loup Bourget, la trasposzione hollywoodiana che del romanzo viene realizzata quattro anni dopo l’uscita, Il romanzo di Mildred di Michael Curtiz, “è una di quelle opere mirabilmente «datate», di quelle che riassumono lo spirito di un’epoca: nello specifico, una rottura radicale con l’estetica lussuosa, luminosa e setosa che ha caratterizzato la fine degli anni Trenta”. Il film di Curtiz, come è tipico per una produzione Warner, conserva quindi questo impasto di realismo e melodramma, insistendo però notevolmente sulla componente noir e regalando a Joan Crawford uno dei ruoli più importanti e significativi della sua carriera.

La seconda trasposizione del romanzo, firmata da Todd Haynes (autore, più recentemente, di un altro significativo adattamento: Carol, da Patricia Highsmith) è una miniserie in cinque parti prodotta dall’HBO, interpretata, anche in questo caso con grande bravura, da Kate Winslet. Come ci si può aspettare dall’autore di Lontano dal paradiso (Far from Heaven, 2002), il romanzo di Cain, adattato piuttosto fedelmente, è l’occasione per una minuziosa ricostruzione d’epoca, filtrata da un recupero di un’iconografia hollywoodiana che non guarda ai toni cupi della prima versione bensì ai fiammeggianti mélo degli anni Cinquanta. Mancando la marcata impronta divistica connaturale a un cinema come quello hollywoodiano degli anni Quaranta, la Mildred Pierce del 2011 riacquista la complessità della prosa di Cain, anche grazie alle molte ore a disposizione per tratteggiare la sua parabola.

Intervistata a proposito di un’altra miniserie HBO, la pluripremiata Olive KitteridgeFrances McDormand ha dichiarato: “novanta minuti non sono il tempo ideale per raccontare la storia di una donna”, sostenendo implicitamente che la serialità televisiva, e in particolare la serialità televisiva di qualità (quindi via cavo), sia lo strumento ideale per raccontare l’individuo, al netto di convenzioni, esigenze narrative e di mercato. Di tutti i personaggi che la serialità televisiva ci ha regalato negli ultimi anni, Mildred Pierce rimane sicuramente uno dei più memorabili.

Matteo Pollone ci ha regalato questo pezzo. Stasera al Circolo parlerà proprio di Mildred Pierce, al gruppo di letture The Next Episode.