SOGNARE SENTIMENTI ELETTRICI. PHILIP K. DICK RILETTO DA TOMMASO PINCIO

Nel corso della storia il genere umano è dipeso dalle macchine per sopravvivere. Lo dice Morpheus a Neo, in Matrix. Oggi, nel mondo che chiamiamo reale, lo statuto di realtà è assai incerto e la realtà stessa è sempre più impalpabile. Cosa penserebbe Philip K. Dick di questo nostro mondo? Ora sì che siamo connessi alle macchine. Ora sì che demandiamo a esse il rapporto con gli altri. Ora sì che ne siamo dipendenti. E la cosa più importante di tutte, quel sentimento che batte in tutta l’opera di Dick, dov’è? La cosa più umana, per Dick, è la possibilità di nutrire, contraccambiare e condividere i sentimenti.


Blade Runner e gli altri. Qual è la realtà?
Il romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? era già opzionato negli anni ’70, ci sono vari copioni. Il film però è girato sul serio solo nel 1982 con Ridley Scott. Il 1982 è che è anche l’anno in cui Dick muore. Fa in tempo a vedere quel film solo in fase di lavorazione, non ancora in post produzione, quindi non ha avuto il tempo di vivere la glorificazione che quel particolare film, BLADE RUNNER, porterà alla sua opera.

Ma non solo di Blade Runner si parla.
Dick ha influito in modo pervasivo sul nostro immaginario e la lista dei film tratti o ispirati alle sue opere è lunga.

È il 2054. Non ci sono più omicidi. Perché? È che esiste un sistema, si chiama Precrimine che si basa sulle premonizioni di individui dotati di poteri extrasensoriali che vedono il futuro. È Minority Report, tratto liberamente da Rapporto di minoranza di Dick, un racconto che fa parte di Le presenze invisibili, raccolta che arriva in Italia nel 1994.

Il nazismo ha conquistato il mondo perché la storia è andata esattamente al contrario. È arrivato anche negli Stati Uniti. Si tratta del romanzo noto come La svastica sul sole del 1962, un’ucronia pazzesca che diventa una serie tv di Amazon, L’uomo dell’alto castello, con Luke Kleintank. E poi c’è Scanner Darkly. E poi ci sono i registi che si ispirano a Dick e che lo omaggiano, come David Cronemberg, Terry Gilliam, Alejandro Amenábar, ma anche Christopher Nolan.

https://www.youtube.com/watch?v=sWliYpICCI0

Ma è MATRIX è il film più dickiano in assoluto.
Domandarsi se il mondo che ci sta innanzi è reale o meno, è questo che Dick non fa altro che chierdersi. Se ciò che vediamo è Matrix, oppure no. L’Esegesi, che è il diario di Dick – sarà presto pubblicato in Italia – è fitto di appunti che anticipano anche il film dei fratelli Wachowski. Per l’edizione americana è stato chiamato come curatore niente meno che Jonathan Lethem, che definisce L’Esegesi: 

Una sorta di personale laboratorio di indagine filosofica,
un collage di sessioni di scrittura notturne.
Si tratta di un’opera assolutamente stupefacente,
è brillante, è ripetitiva, è contraddittoria.
E potrebbe addirittura contenere
il segreto stesso dell’universo
.

Pensare, negli Anni ’60, che il mondo sia una simulazione informatica non è per niente immediato. Come pensare che la vita degli esseri umani sia connessa a un computer. I registi di Matrix Dick l’hanno sicuramente letto e lo omaggiano anche, con quel televisore che Morpheus e Neo guardano nella stanza bianca e senza fine: è un apparecchio vecchio che si chiama Deep Image, e Dick lavorava proprio in un negozio in cui si riparavano televisori. Si licenziò alla pubblicazione dei suo primo racconto, sperando di poter vivere di sola scrittura. Naturalmente fece male i conti, e da lì cominciò la sua vita assai problematica, ai limiti dell’indigenza.

Questo mondo è vero o non lo è? La domanda richiama a Nietzsche e all’opera Il Crepuscolo degli idoli, alla parte che si intitola Come il mondo vero finì per diventare favola. In estrema sintesi, il filosofo tedesco ci dice che nella storia del pensiero non si è fatto altro che andare troppo a fondo per cercare la verità, quando la verità è quella che sta sulle superficie delle cose. La speculazione ha fatto sì che il mondo vero, che è quello delle apparenze, non ci sia più. Alla fine della sua disamina per punti, Nietzsche arriva a questa conclusione:

Abbiamo tolto di mezzo il mondo vero: quale mondo ci è rimasto? forse quello apparente?
Ma no! col mondo vero abbiamo eliminato anche quello apparente!

E si ritorna, così, nella stanza bianca di Morpheus, il televisore Deep Image davanti.
Seguire il bianconiglio come fa Neo, o abbandonarsi alla favola, alla simulazione, all’apparenza?
Credere che gli androidi di Blade Runner abbiano sentimenti umani, perché così sembra, o eliminarli, “ritirarli”, come deve fare – per lavoro – Deckard con la faccia di Harrison Ford?
Credere che i sentimenti manifestati attraverso status di Facebook dicano qualcosa di noi agli altri, o meno?
Pensare che raccontarsi in lunghe chat notturne sia come chiacchierare davanti a un tè delle cinque, o no?

Che ce ne facciamo del mondo vero? 
I nostri sentimenti sono reali oppure elettrici? 


Questo articolo è scritto a partire dalla lezione di Tommaso Pincio di ieri al Circolo dei lettori.
Una lezione bellissima, in collaborazione con il Torino Film Festival.
Questo qui sotto è il ritratto che lo scrittore, un esperto vero del rapporto tra fiction e non-fiction, ha fatto di Philip K. Dick. Tra i romanzi di Pincio ricordiamo l’ultimo, Panorama, di cui abbiamo parlato qui, e il suo Un amore dell’altro mondo (Einaudi), Pulp Roma (Il Saggiatore), L’Hotel a zero stelle (Contromano Laterza) e Lo spazio sfinito (minimum fax).
Qui, Pincio racconta Dick, su Radio3 Rai.

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