CHIRÙ. IN MODO ASSOLUTO, IRRESPONSABILE E PERFETTO. IL NUOVO ROMANZO DI MICHELA MURGIA

Questa storia riguarda l’amore, e riguarda quell’arte e quella maniera di diventare se stessi. Attraverso l’amore, che è conflitto e che è soprattutto potere, un potere che si esercita sull’altro, con un movimento che è sì reciproco, ma che non conosce equilibrio.

Sulla copertina del nuovo romanzo di Michela Murgia c’è un ragazzo che si aggiusta i capelli con noncuranza apparente. Quel gesto è tremendamente suo. È uno di quei gesti capaci di “togliere il fiato”. Lui si chiama Chirù.

Eleonora e Chirù
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Eleonora è una donna di trentotto anni, Chirù ne ha una ventina di meno. Eleonora è la voce narrante, tiene in mano la storia, sceglie cosa raccontarci. È questo il primo modo in cui esercita il proprio potere. È lei che decide dove contrarre e dove dilatare la narrazione, dove lasciarsi sfuggire un dettaglio e cosa, invece, nasconderci del tutto.

Chirù è raccontato, lo conosciamo dal punto di vista di lei. Prende parola, sì, è dolceamaro, timido e sfuggente, ma via via più consapevole di sé. Lui è il ragazzino che deve conquistare e modellare il proprio demone, il demone che per l’uomo è il suo carattere. Lei è la donna che invece sembra sapere tutto di sé, che il proprio demone l’ha imparato a conoscere.

Eleonora conosce, sa. Chirù no.
Ma niente è definitivo, niente si può dare per scontato.

C’è quel verbo greco che significa “so perché ho visto”, è il verbo orao, quello del pedagogo, che deve conservare la pazienza per osservare e per conoscere. Eleonora è così. Ha visto, ha sperimentato su di sé un’infanzia infelice, e ha capito come analizzarla già a otto anni.

A otto anni, a differenza di tutto il resto della mia famiglia,
io sapevo come farmi felice da sola.

È diventata un’attrice di fama, è rimasta sola per scelta. Sa come si devono guardare gli altri e degli altri conosce e campiona ogni sguardo. Chirù studia violino al Conservatorio di Cagliari, conserva in potenza tutto ciò che sarà e che già è. Eleonora sa vedere anche questo, e lo vede subito, nella prima pagina. Chirù, nonostante l’età, ha già qualcosa di marcio dentro di sé, qualcosa che già condivide con lei.

Io Chirù lo riconobbi dall’odore di cose marcite che gli veniva da dentro,
perché quell’odore era lo stesso mio.

Sarebbe troppo semplice dire che questo è un romanzo in cui la figura del maestro e quella dell’allievo si ribaltano di continuo, perché i ruoli non sono definiti, e non lo sono da subito. Quell’odore di cose marcite che sta dentro Eleonora è lo stesso del suo allievo Chirù. Non c’è un preciso inizio, poi, nel rapporto tra i due. Chirù è subito Chirù. Eleonora utilizza il diminutivo fin dal loro primo incontro come se già da subito qualcosa avesse ceduto in lei, come se la sua capacità di conoscere perché ha visto avesse già fallito.

Quel gesto che fa Chirù sulla copertina del romanzo, si scompiglia i capelli per metterli più in disordine, è un gesto già suo. Non deve imparare niente Chirù, se non a essere chi è. E nello stesso tempo, Eleonora, che sembra subito Eleonora, subirà un cambiamento, o si abbandonerà a esso.
Quelle lezioni, che sono il titolo di ciascun capitolo del nuovo romanzo di Michela Murgia, sono, di volta in volta, pagina dopo pagina, per l’una e per l’altro, per entrambi, che, in qualche modo, sono già uguali.


Curiosità: Michela Murgia ha fatto vivere Chirù fuori dalle pagine del romanzo, e l’ha fatto usando Facebook. Di un’operazione simile, fatta da Tommaso Pincio, abbiamo parlato qui.

Per leggere un’intervista all’autrice fai clic qui.
E per sentirla dal vivo, stasera è al Circolo

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