SENZA UN GRANO DI PAZZIA È IMPRUDENTE VIVERE. PAOLO COLLO RACCONTA GARCÍA LORCA

Ci scrivi qualcosa su Federico García Lorca? 
Ma su quale García Lorca dovrei scrivere?

Di certo su quello nato a Fuente Vaqueros il 5 giugno 1898 e morto ammazzato dalle pallottole della soldataglia di Francisco Franco il 19 agosto del ’36, a Víznar (e delle leggende che ne seguirono). Di certo su quel bambino prodigio che rivela una grande passione per il teatro di marionette. O su quel ragazzo che già nel 1917 fa visita a Miguel de Unamuno, a Antonio Machado e a Manuel de Falla. E che poi l’anno seguente pubblica Impressioni e paesaggi. O parlare di quel giovane bellissimo seduto al pianoforte. O il Lorca della formazione, presso la Residencia de Estudiantes di Madrid, accanto ai più grandi intellettuali dell’epoca. O l’amico dei surrealisti Salvador Dalí e Luis Buñuel (il film “Un cane andaluso non esisterebbe se il surrealismo non esistesse”). O al creatore di alcune delle più belle e rappresentate pièces teatrali del Novecento, come Nozze di sangue o La casa di Bernarda Alba, in cui sapientemente fonde tradizione classica e tradizione popolare. O l’autore di tante poesie d’amore, e sull’amore, soprattutto. O lo studioso del folclore andaluso, del mondo e della musica gitana. L’autore di quel grido conosciutissimo e universale come il Lamento per Ignacio Sánchez Mejías. O a quel giovane che il 25 giugno 1929 scenderà dal transatlantico Olympic a New York e che da quell’esperienza – statunitense e cubana – trarrà ispirazione per un capolavoro come Poeta a New York

Già, di quale Federico García Lorca dovrei parlare?
Di tutti? O di una sola delle tante e diverse sfaccettature di questo prezioso gioiello della letteratura del ‘900?
Come tutti i grandi scrittori “plurimi” di se stessi García Lorca non è definibile, non è riconducibile a un modello, a uno schema. È García Lorca: morto ottanta anni fa a 38 anni (e con lui sono morte chissà quante altre poesie, chissà quante altre tragedie…)

Ma forse le più belle parole le ha dette, nel 1934, Pablo Neruda:

Vi consiglio di ascoltare con attenzione questo grande poeta e di cercare di commuovervi insieme a lui ciascuno a suo modo. La poesia ha bisogno di una lunga iniziazione, come qualsiasi sport, ma nella vera poesia c’è un profumo, un accento, un tratto luminoso che tutte le creature possono percepire. E chissà che vi serva per alimentare quel grano di pazzia che tutti portiamo dentro di noi, che molti uccidono per mettersi l’odioso monocolo della pedanteria libresca, e senza il quale è imprudente vivere.

Paolo Collo si occupa di letterature in lingua spagnola e portoghese. Scrittore, traduttore e critico letterario, ha curato la rassegna #AlbumLorca insieme a José Manuel Martín Morán.