I MOVIMENTI DELL’AMORE. STANZE DI LORENZO MATTOTTI

Tutte le cose che si raccontano, noi che guardiamo non le sappiamo. Restano nascoste nello spazio stretto tra i due, lui e lei, un uomo e una donna, un ragazzo e una ragazza.

Nella stanza non si cammina, si sta sdraiati su forme, su rettangoli rossi oppure neri. L’ambiente in cui le sagome dei due amanti si dispongono dà il nome a questa serie di opere di Lorenzo Mattotti. È nella stanza che i dialoghi vengono creati. La stanza li assorbe, li conserva.

Lui e lei si muovono, si allontanano e avvicinano. Allineano i propri profili, si staccano l’uno dell’altra e viceversa. Producono distanza, la annullano. Sembrano cercare il movimento giusto, il perfetto incastro, ma non lo trovano e ci provano ancora. Di nuovo.

Lorenzo-Mattotti-Stanze-1

 

Lorenzo-Mattotti-Stanze-1

 

Noi che guardiamo possiamo immaginare cosa bisbigliano, ma soprattutto riusciamo a sentire i loro silenzi, quelli che nascono dal desiderio. Di conoscersi, di sfiorarsi, di toccarsi. Di far proprio l’attimo preciso in cui l’amore sembra esserci, come una terza presenza, nella stanza.

Loro due sono fatti della stessa materia, lo dicono i colori che l’artista ha usato, il nero e il rosso dei loro vestiti intercambiabili. Forse ancora non lo sanno. Anche i loro volti sono solo accennati con poche linee disegnate. Delle loro espressioni, come delle loro parole, noi che guardiamo possiamo fare a meno, sono i movimenti a riguardarci, i movimenti che raccontano la ricerca.

Trovarsi significa lasciare una traccia nella stanza, come l’orma del corpo nel materasso, che c’è per un solo attimo, ma significa presenza. Trovarsi, ce lo dice la serie Stanze di Lorenzo Mattotti, è un movimento mai esausto, che fa il corpo innamorato, perché si sente finalmente intero.



venerdì 12 febbraio
alle 18, al Circolo, nell’ambito di In nome dell’amore
Amare è un atto di immaginazione
Le parole di Michela Murgia di si fondono narrativamente alle opere di Lorenzo Mattotti, presente in sala, tratte dalle serie Stanze e Nell’acqua. Il primo gesto concreto di una storia d’amore ne è in realtà il capitolo finale, che arriva quando tutto è già stato fantasticato nel desiderio. È lì – dove vivono le Beatrici e le Silvie di tutta la poesia d’amore – che nascono i feticci.Negli spazi fantasiosi dell’amore un nastro per capelli è già tutta la donna che l’ha indossato. Nessuno può misurare la delusione nel toccare il corpo vivo fantasticato e scoprire che il desiderio era più seducente di ciò che desiderava.Il feticismo salva l’amore, sposando l’oggetto perché il soggetto non ci deluda mai.