PICCOLO DIZIONARIO SENTIMENTALE
Il 12 febbraio inizia In nome dell’amore, la rassegna del Circolo dei lettori, nata da un’idea dello scrittore Antonio Pascale. Un fine settimana di incontri per districare elementi, analizzare tormenti, passioni e felicità, alleviare le pene (o moltiplicare le gioie), perché, spesso, l’amore lo viviamo intensamente, senza però capirlo davvero.
E allora è il momento di sfogliare il dizionario, e cercare quelle parole che girano intorno all’amore. Il dizionario però è speciale, fatto delle definizioni degli ospiti della rassegna. Sono Riccardo Sinigallia, Marco Missiroli, Matteo Negrin, Antonio Pascale, Matteo Caccia, Valeria Parrella, Guido Catalano, Michela Murgia, Armando Massarenti. Rispettivamente ci raccontano che cos’è l’energia, il desiderio, l’ironia, la tragedia, il segreto, l’ossessione, la tenerezza, la fantasia e l’amore.
Penso alle bollette della luce e del gas, ai raduni di meditazione e a un mio amico che dopo un concerto su una terrazza del quartiere Portonaccio a Roma, circa 15 anni fa, si avvicinò e mi disse: Cos’è per te la musica?, alla mia esitazione rispose lui: La musica per me è energia. Sembrava sicuro, così, di aver risolto molti dei misteri intorno all’approccio che potrebbe avere un artista alle prese con la composizione.
Penso alle formule degli astrofisici per una risposta semplice sull’universo.
Penso a quella cosa che si ottiene moltiplicando la massa per la velocità della luce al quadrato, o qualcosa del genere. Ma per come io la sento istintivamente manca sempre un elemento che non sarei in grado di definire e che mi appare incalcolabile e spesso in relazione con qualcos’altro.
Una canzone recente che in questo momento si avvicina ad una interpretazione da club europeo dell’energia potrebbe essere Go dei Chemical Brothers.
Desiderio: “voglio, e voglio, e voglio, e nel volere ho”.
L’ironia è – assieme all’amore – il miglior attrezzo che l’umanità abbia inventato per sopravvivere al mondo da quando è stata cacciata dal Giardino dell’Eden.
Quando una persona ricerca la verità sull’amore e dopo lunga indagine riesce finalmente a trovarla e poi s’accorge che non ha spalle abbastanza forti per sostenere peso della verità, dunque, confuso, si immobilizza. Tipico personaggio narrativo soggetto a questa disciplina tragica è l’eroe cechoviano.
Il segreto è il pezzo più intimo della storia della nostra vita. È quello che teniamo nascosto perché ci rende vulnerabili ma è anche quello che non appena decidiamo di raccontare si trasforma nel cardine attorno a cui gira la porta di accesso alla nostra identità.
Ossessione della mente: mi incatena e mi sorprende, resta là continuamente, se scompare mi riprende. non la metto in discussione: è la mia cara ossessione.
Non ebbi la prontezza
ho provato a scrivere una poesia che ti scioccasse
e non ce l’ho fatta
ho provato a scrivere una poesia che ti eccitasse
e non ce l’ho fatta
ho provato a scrivere una poesia che ti
spaventasse, una che ti commuovesse, una
che ti rallegrasse, una che ti immalinconisse, una
che ti ringalluzzisse, una che ti allarmasse, una che ti
sconquassasse, una che ti ammansisse una che ti perplimesse
una che ti innamorasse
e non
ce l’ho
fatta
il fatto fu
che tu
non tenevi sensibilità di donna umana
eri una ragazza strana
eri una donna di vegetale
eri come un albero di femmina
eri come un fiore di campo
eri come un filo di erba
eri come pianta di vaso
eri come un carciofo spinoso
eri come un’ orchidea spaventosa
eri come un fagiolo borlotto
eri come un cespuglio arricciato
eri come una pannocchia, un pisello, una liana
un fungo, un fico
non ebbi la prontezza
di capire che
con te sarebbe stata sufficiente
un po’ di tenerezza
ed un annaffiatoio
infatti ti seccasti
diventasti
fogliolina secca
secca fogliolina
che una mattina
il vento
si portò
La fantasia è un atto di ribellione contro l’idea che il mondo sia tutto qui. Più ti basti, meno ti serve
Ama veramente chi è capace di non amare troppo. Proprio come direbbe Voltaire: «Non amatevi troppo. Meglio essere amici per tutto il tempo della vita che essere amanti per qualche giorno». Non amatevi troppo se non volete incappare negli eccessi dell’innamoramento, la più affascinante, o forse l’unica, patologia psichiatrica che riceve una legittimazione sociale pressoché unanime. Il che forse non è un bene – a meno di legittimare anche altre follie più liberali e più salutari (per esempio la libertà di sperimentare nella pratica idee del tutto impopolari, e di condurre la propria vita con il massimo dell’eccentricità, con il solo limite, come direbbe John Stuart Mill, di non recare danno ad altri). Da evitare sono quindi, anche in amore, i fanatismi e i picchi totalizzanti di “entusiasmo” (nel senso di Shaftesbury) che impediscono di essere ben disposti al buon uso dei piaceri e, spesso, anche di vedere l’altro come una persona distinta da sé. Amare è infatti riconoscere che qualcosa di altro da sé è reale. Consapevolezza per nulla scontata, a cui è possibile pervenire, come ricorda Iris Murdoch, solo attraverso un lavoro su se stessi, allo scopo di vedere, nel contesto in cui ci troviamo a vivere, «il mondo così com’è», senza infingimenti o autoinganni. Forse ama veramente chi è disposto a ricontrattare continuamente, ma in forme giocose e non opprimenti, il proprio debole per un altro essere debole come lui.
Amore è anche dialettica, nel senso di Platone. «Impiegando la tecnica dialettica, trovata un’anima adatta, si piantano e seminano discorsi, capaci di portare aiuto a se stessi e a chi li ha piantati e non infruttuosi, ma contenenti un seme, da cui germoglieranno in altre indoli altri discorsi, capaci di rendere sempre immortale questo seme assicurando a chi lo possiede la massima felicità possibile a un uomo». Infine, in amore, come negli altri piaceri (anche piaceri intellettuali come la filosofia, che è amore per la conoscenza), conta sopra ogni altra cosa la capacità di essere ironici, oltre che sinceri e affettuosi. Non c’è amore senza ironia. Prendersi un po’ in giro è, nei casi migliori, una forma d’amore. Così potremmo interpretare anche la famosa ironia di Socrate, un Socrate innamorato, che è sicuramente il miglior paladino possibile dell’impulso mai sazio della filosofia. O meglio, di un certo modo di fare filosofia, quello più vicino alla vita e che corrisponde a un certo modo di intendere l’amore. È quasi comica la scena iniziale del Simposio, con Aristodemo che racconta di aver incontrato Socrate «ben lavato e ben calzato di sandali, cose che egli faceva raramente», per provare a farsi bello per andare da un bello. Buffo, sgraziato e straordinario Sileno, Socrate è un Eros povero e scalzo che non si prende mai troppo sul serio, nonostante i tesori preziosi che sa vedere negli altri e custodire in sé. Nonostante l’amore bruciante, per la filosofia e non solo, che sa suscitare in tutti gli altri «innamorati dei discorsi», da Alcibiade fino a noi.