IL PRIMO ROMANZO DELL’ULTIMO DEI POETI, GUIDO CATALANO
Di me si dirà: veniva pagato per viaggiare sull’ultimo treno della notte e scrivere cose convincentissime sull’innamoramento di cui non sapeva davvero nulla.
A parlare è Giacomo, il protagonista del primo romanzo di Guido Catalano. Je est un autre, scriveva Rimbaud, e Giacomo è po’ Catalano, un po’ no. Questo libro è un’autofiction in cui elementi biografici e finzione romanzesca si intrecciano per raccontare, ed è il caso di D’amore si muore ma io no, una storia d’amore. Anzi, la storia d’amore di Giacomo e di Agata.
La commedia antica è “un componimento teatrale che tratta temi leggeri atti a suscitare il riso, perlopiù a lieto fine” e questa storia è una commedia, non antica, no, è ambientata a Torino proprio adesso, tra il Rat o Kat, Collegno e il villaggio Leumann, c’è anche un po’ di Milano, una bocciofila, il fiume, il Parco del Valentino. Però ha tutti gli elementi della commedia, c’è un eroe, un coro, un prologo, un esodo, c’è l’agone.
Nel prologo viene presentato l’eroe, anzi, il Poeta semiprofessionista vivente. Si rivolge al pubblico e si racconta. Di sé dice – per prima cosa – che ha sempre perso al gioco della bottiglia. Uno si chiede, e come si fa? Semplice: Giacomo non riusciva mai a baciare una ragazza al momento giusto. Mai. Nemmeno al gioco della bottiglia.
Se fosse una commedia antica, D’amore si muore ma io no, allora il coro – ovvero la comunità che giudica le vicende – sarebbe composto da una serie di personaggi strambissimi e curiosi, bizzarri e spassosi. Nel coro ci sarebbero:
Francesca: la migliore amica di Giacomo, matta. Con lei il protagonista mangia molte pizze e condivide i pensieri più intimi. Lei vuole scrivere la sceneggiatura di una serie tv. Lavora in un negozio di articoli di lusso per animali, specialmente cani.
La madre di Giacomo: non dorme mai (almeno secondo il figlio).
Il padre di Giacomo: dorme sempre (ma quando non dorme è molto saggio).
Todor: amico di Giacomo. I due hanno un rapporto epistolare ottocentesco. Lui è bulgaro, si scrivono molte pazze sagge mail.
La commessa “troppo magra” del supermercato: Giacomo è dipendente da pizze surgelate e da “insalata autocondente”, va spesso al piccolo supermercato sotto casa per farne scorte, e lì intesse un dialogo, perlopiù con se stesso, rivolgendosi – nella sua testa – a questa commessa, magrissima e dai capelli corti.
Tonio Cartonio: amico immaginario e guida spirituale di Giacomo. Lo manda a quel paese la maggior parte delle volte. Una delle cose che Giacomo fa spesso è immaginarsi conversazioni tra sé e sé e litigare con le proprie voci, che sono ex fidanzate, e Tonio, che veste di arancione brillante e verde, che fuma un pacchetto al giorno.
Poi ci sono i colleghi di lavoro, l’amico Franco, Diego, sono i personaggi a cui Giacomo racconta di sé, prima, e di Agata, dopo. Sì, perché quando Giacomo incontra Agata per lui cambia tutto. Addirittura compra insalate non autocondenti e pomodori. E parla tantissimo di ragni, che a lui fanno una gran paura, ma Agata, di lavoro si occupa proprio di ragni. Da poeta semiprofessionista vivente, Giacomo le scriverà due poesie d’amore. Dirà molte sciocchezze divertenti e la farà ridere molto. Spegnerà il cellulare dopo averle inviato un sms, solo per sussultare il mattino dopo (Tecnica segreta, capitolo 24 bis).
Ma niente spoiler. Di come andrà a finire questa storia, e quindi dell’esodo, dell’ultima parte della commedia, non vi diciamo nulla, se sarà trionfale o meno. Che cosa succederà? Di sicuro Giacomo dovrà vincere una delle sue paure più insidiose, dopo (o prima?) di quella dei ragni. La spiega a pag. 13, ritornerà alla fine del romanzo.
Però possiamo rassicurarvi. Il titolo non mente. Giacomo non muore. E nemmeno Catalano.
E voi venite vivi domani, 12 febbraio alle ore 23 al Circolo, per il primo reading dal primo romanzo dell’ultimo dei poeti, nell’ambito di In nome dell’amore.