HO SENTITO UN CURIOSO DESIDERIO. PATTI SMITH, UN CIGNO E L’IMPULSO CREATIVO
Solo l’arte è capace di penetrare le tante realtà apparenti di questo mondo. Così disse Saul Bellow alla cerimonia di consegna del premio Nobel.
Ma come succede che si diventa artisti?
Non in senso pratico, ma in senso intimo: come si percepisce quell’invisibile impulso creativo?
Patti Smith, una degli spiriti creativi più radiosi dei nostri tempi, racconta che per lei fu un unico momento di riconoscimento: Ho sentito una fitta, un desiderio curioso, impercettibile per i passanti. Si è trattato di trovare un punto di contatto – tramite l’avvento di qualcosa di imprevisto – che l’ha messa in contatto con il miracoloso che sta nel quotidiano.
Il risultato è il desiderio profondo di riversare all’esterno quell’impulso, di condividerlo, in qualche forma, con gli altri, che non erano più qualcosa di estraneo: la loro alterità, la loro lontananza, era stata dissipata proprio da quell’impulso.
Ne racconta in Just Kids, la biografia pubblicata da Feltrinelli con la traduzione di Alessandro Mari. Si tratta del racconto autobiografico di dieci anni di vita a New York, dall’arrivo di Patti, giovanissima, a Manhattan – nel 1965 – fino all’uscita del suo primo album, Horses, nel 1975. Ed è la storia dei sogni che ha condiviso con Robert Mapplethorpe, del loro amore, del lento ma inesorabile successo, della loro maturazione artistica.
In Just Kids ci sono memorie, aneddoti, racconti che riguardano la nascita di un’icona rock. Ma c’è anche la visione personale di Patti Smith sulla lettura, considerata una forma di preghiera, c’è la ricetta della zuppa che preparava quando non aveva soldi e rischiava di morire di fame, e dice molto, appunto, dell’impulso creativo di cui ha fatto esperienza da giovane.
Racconta, infatti, delle passeggiate con sua madre a Humboldt Park, sul lungofiume. Confessa di averne solo un vago ricordo, ma, proprio tra immagini di gusci, vecchie darsene, ponti di pietra, emerge un frammento di memoria particolare: un collo lungo e curvo, vestito di piume bianche. La madre le dice subito che si tratta di un cigno, si dibatteva nell’acqua brillante sbattendo le ali. E così, giovanissima, Patti Smith ha provato l’acuto desiderio di parlare di quel cigno, di dire del suo candore e della natura esplosiva del suo movimento. E quando il cigno è diventato un tutt’uno con il cielo, lei racconta di aver faticato a trovare le parole per descriverne la bellezza e ciò che quella visione le restituiva. Ed è proprio in quell’attimo che ha sentito una fitta, un desiderio curioso.
E nel suo secondo libro, M train, molto diverso da Just Kids perché l’autrice parte dal presente e dalle sue abitudini quotidiane per far affiorare ricordi, memorie e pensieri, ritorna sull’impulso creativo e dice: Cerchiamo di rimanere presenti, anche se i fantasmi cercano di impedircelo. Nel mio modo di pensare tutto è possibile: