SCRITTORI E CAFFEINA
Caffè!
Che fuori faccia caldo o freddo non importa, il caffè caldo sta sempre bene nelle mani di chi è ne dipendente a sufficienza. Il caffè sta bene con tutto.
Pare che Salinger si innervosisse quando qualcuno diceva, Il caffè è pronto, ma non era vero.
Pare anche che T.S Eliot abbia misurato la propria vita con i cucchiaini di caffè e che Bukowski abbia detto: Voglio solo una tazza di caffè caldo, nero, e non voglio sentire parlare i tuoi problemi.
Uno come Honoré de Balzac ha decisamente alimentato la propria scrittura con il caffè. Ne consumava almeno 50 tazze al giorno. Sì, 50 in un giorno solo e si dice che a malapena riuscisse a dormire, soprattutto quando stava scrivendo La commedia umana. Infatti il suo programma di scrittura, alimentato dal caffè nero, prevedeva:
ore 18: cena leggera
qualche ora di sonno
ore 1: sveglia
7 ore di lavoro
ore 8: pisolino di 90 minuti
ore 9.30 – 18: lavoro
Balzac non avrebbe potuto mantenere questo stile di vita estremo molto a lungo, e in effetti è morto a 51 anni. Ha lavorato in esplosioni di frenetica scrittura, o, come un biografo ha messo, in “orge di lavoro intervallate da orge di relax e di piacere”.
Geoff Dyer dice di rimanere fedele al cappuccino: un cappuccino perfetto è per lui l’esperienza suprema, anche se trovarlo è molto difficile. Già. Perché non dev’essere troppo caldo, la schiuma integrata con il resto, non deve galleggiare in superficie. E la schiuma dev’essere anche uniforme, non frizzante. E niente polvere di cacao in cima, la famosa polvere di cacao, la cui diffusione è stata denunciata da Francesco Piccolo in La separazione del maschio.