NEL SILENZIO DELLA MONTAGNA DILAGA IL SENTIMENTO DELLA MEMORIA

Qualcosa è nascosto. Vai a cercarlo.
Vai e guarda dietro i monti.

Kipling, con queste parole, ci invita a partire. Per sapere cosa si nasconde tra i monti, per interrogare quei “maestri muti”, come Goethe li chiamò, non serve fare molta strada. Se sei a Torino indossa le scarpe adatte e parti: il treno per Susa ci impiega un’oretta. La valle circondata dai monti ti attende, non ha fretta e si farà guardare. Non ha fretta il Rocciamelone, la punta più alta, non hanno fretta le Alpi Graie, il Musinè, Rocca Sella, il Monte Civrari e la Punta Lamet. Si trovano sulla valle destra, mentre sulla sinistra svettano il Monte Orsiera, il Genevris, la Testa d’Assietta.


 

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Un altro modo per guardare verso le montagne, per volgere gli occhi in alto, anche quando il cielo è cupo e i monti sono invisibili, per scoprire la montagna dai punti di vista più diversi è partecipare a In Cordata, il ciclo che ti porta non con i piedi, ma con i sentimenti, sulle vette e intorno a esse.
Gli incontri sono al Circolo dei lettori e le proiezioni al Cinema Massimo.


Perché non si fa altro, nella vita, se non formare il proprio punto di vista.
Leggendo, studiando, discutendo, mettendosi in gioco.
Per osservare noi, per capirci, per guardare gli altri, per farci capire.
Le montagne offrono senza chiedere niente in cambio proprio questo: sono un punto di osservazione privilegiato, per aprire i nostri orizzonti, per trasformare la nostra mente.

Per dare la misura giusta alle cose.
E come sai, le valli di montagna sono anche paesi.
Arroccati sui dorsali, addormentati nei pianori.
Sono i paesi che Tino Aime, pittore di Cuneo che ora vive a Gravere, in Val di Susa, ha ritratto.

Qual è il suo punto di vista sulla montagna?
Cosa si dice di lui e della sua arte?

Aime guarda dalla sua finestra e dipinge tetti innevati e muri spezzati dai rami degli alberi.
Ha scelto di vivere a Gravere dopo aver frequentato la Libera Accademia di Torino con Idro Colombi, dopo aver cominciato come scultore. I suoi quadri ritraggono “il silenzio della montagna” e il “sentimento della memoria” che lì dilaga. Lo dice Francesco Biamonti.


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Francesco Biamonti, autore di bellissimi romanzi come L’angelo di Avrigue Le parole la notte (Einaudi), era un uomo schivo, si racconta coltivasse mimose con la cura del botanico nell’entroterra di Vallecrosia, Liguria, dove visse quasi tutta la vita, in una casa che prima fu un fienile e poi divenne il suo laboratorio di scrittore.
Ecco cosa pensa Biamonti di Tino Aime, del suo punto di vista e della sua sensibilità:


Dietro uno steccato s’alza un albero divorato dalla luce; il salino corrode i balzi di roccia; un ulivo scavato mostra la forza nodosa del legno davanti all’acqua sterminata; i pini d’Aleppo o pini bianchi, sensibili al vento, hanno rami contorti e tronchi senz’ombra sul dirupo bruciato. E come in questi elementi di paesaggio marino, in altri intrecci di montagna domina lo stesso senso angoloso ed assorto, qualcosa di pungente ed intoccabile che va al di là della struttura grafica e della minuzia formale.

Un’atmosfera di precarietà e di eternità circonda le cose.
Un unico struggimento lega l’aspra terra di Liguria – rade, burroni e scogli – alle baite e declivi lunari di un «Piemonte arcaico, velato di ombre e di gelo». Ma è nel silenzio della montagna che dilaga il fantasma della memoria. “Le front aux vitres comme font les veilleurs de chagrin”, il pittore guarda – sguardo, ricordo o sogno? – i tetti modellati dalla luna, le muraglie cieche di un paese in semiabbandono, le recinzioni vegliate dai corvi.


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Ombre fredde succedono a biancori improvvisi; anzi, tutto è ombra e biancore nel contempo, toccato da una sorta d’angelo dalle mani di cenere. Anche le cose più tenere: gli alberi protettivi che fanno compagnia nella notte, gli interni con gli utensili, i vasi e i fiori sui tavoli, anche tutte queste tenerezze hanno una fragilità di foglia morta. Incastonate in un mondo che se ne va. Le emozioni che esse suscitano, che forse hanno suscitato in Aime stesso, sono come tronche, sono emozioni di un controllato addio.

Dopo la montagna, il mondo della montagna che si sgretola in silenzio, Aime si è dato a ritrarre gli alberi fulminati dal sole, l’erbaspada, gli elicrisi nel biancore verticale dei calcescisti marini. A cercare in quel biancore la controimmagine dei morti campi di neve?


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In Cordata è realizzato da CinemAmbienteMuseo Nazionale del Cinema, il Circolo dei lettori, Compagnia di San PaoloTorino e le Alpi e in collaborazione conDislivelliTrento Film Festival 365Cervino CinemountainGran Paradiso Film Festival. Media partner eHabitat