LA VOCE DI UNO SCRITTORE. JONATHAN FRANZEN

Qui al Circolo si legge Purity, il nuovo romanzo di Jonathan Franzen.
Sulla Lettura di domenica ben due recensioni, una di fianco all’altra, la prima di Daniele Giglioli e la seconda di Marco Missiroli, ci hanno riempito la testa di idee utili a cominciare questo libro in cui la scrittura è lucida e la trama porta esattamente dove Franzen vuole che porti. Seguire i narratori a cui Franzen dà voce, attraverso continui affascinati passaggi, costringe a dargli fiducia, perché la voglia di sapere che cosa sta per succedere è tanta, anche se la storia – a detta di Giglioli – è troppo perfetta e la vita non funziona così. Parafrasando Missiroli, si legge Purity anche per scoprire chi è diventato l’autore di Libertà e di Le Correzioni.


Ora vi riportiamo l’opinione di Franzen sul mondo del web in rapporto alla scrittura. E vi consigliamo di leggere Purity, perché di libri così ne capitano pochi sottomano (non fatevi spaventare dalla mole!).


Internet è favoloso per un sacco di cose, dice lo scrittore, è uno strumento di ricerca eccezionale. Chiaro, è ottimo anche per l’acquisto di beni, ma anche per riunire le persone a lavorare su temi comuni, o per comunicare con altri sconosciuti le proprie passioni e drammi. Tutto questo è meraviglioso. Ma il problema di Internet esiste:  i media generalisti e sociali, favoriscono l’idea che tutto debba essere condiviso, che tutto sia in comune. Questo, quando funziona, è grande, ma nel regno della produzione culturale e letteraria in particolare comporta anche danni.

I buoni romanzi non sono scritti da un collettivo, non sono frutto di collaborazioni: sono scritti invece da persone che volontariamente si isolano e così riescono ad andare in profondità, riportando sulla pagina proprio le profondità che scovano in loro stessi. E ciò che scoprono lo riescono a vestire di una forma accessibile, ma non hanno il fine specifico della produzione. Ciò che rende buono un romanzo, a parte l’abilità dello scrittore, è la elaborazione della propria voce. La voce individuale, non di un gruppo.

E questo è vero soprattutto per chi aspira a scrivere narrativa. Lo scrittore deve continuare a essere tale, non il membro di una folla. E la folla, ora, ha come luogo peculiare il web. Io passo metà della mia giornata a rispondere a mail, fare ricerche sul web, acquistare biglietti aerei, comprare cose online, guardo immagini di volatili, ma devo, e lo so, limitarmi a fare tutto questo. Ho bisogno di assicurarmi di possedere un me stesso privato. Perché è da lì che viene la scrittura. Più mi tiro fuori da quel me stesso, più divento un altoparlante di qualcosa che già esiste. E invece devo prestare attenzione a alle cose alle quali normalmente non si presta attenzione. Cerco di monitorare me stesso, cercando lì, dentro, il modo per esprimere proprio ciò che lì dentro c’è.


Del nuovo romanzo di Franzen ha parlato anche Christian Raimo su Internazionale che conclude la sua lunga analisi dicendo: È chiaro che c’è una reale moltitudine di ragioni per leggere le 650 pagine del nuovo romanzo di Jonathan Franzen, ma ce n’è una più decisiva delle altre: Purity – cosa che sanno fare solo i grandi libri – è in grado di svelarci di punto in bianco qualcosa che era sotto i nostri occhi e che invece non conoscevamo


Sembra proprio che per scrivere, e per scrivere di qualcosa che sta sotto i nostri occhi, qualcosa di cui parliamo ogni giorno, il lavoro da fare sia quello di cui ha parlato Franzen, monitorare se stessi, tirarsi fuori dalla folla e cercare dentro di sé lo sguardo per raccontare il nostro tempo.


PURITY - EINAUDI 2016

PURITY - EINAUDI 2016

PURITY – EINAUDI 2016