LA CURA PER LA NOIA È LA CURIOSITÀ. LA TESTIMONIANZA DI MARIE CURIE

Che cos’è la curiosità?
Alberto Manguel, scrittore e traduttore (a 16 anni lavorava alla Pygmalion di Buenos Aires, e lì, nella libreria, incontrò un anziano e ormai cieco Borges che gli chiese di leggere ad alta voce per lui) ne ha scritto una storia naturale (Feltrinelli). Il saggio inizia così: “La curiosità mi incuriosisce” e indaga il sentimento che ha portato gli uomini ad addentrarsi nel proibito e nel pericoloso. Dice Manguel che non è un caso che la prima parola che impariamo, da bambini, sia “perché“. E una volta imparato a dirlo, non la smettiamo più.


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C’è un libro per ragazzi che di sicuro avrete letto, Il libro dei perché di Gianni Rodari.
Nella storia, la parola perché, si stacca dal resto e va in giro per il mondo, si intrufola dappertutto, per chiedere le ragioni di qualsiasi cosa. Perché si nasce? Perché i re sono re? Perché la gente non va d’accordo? Perché gli scienziati vanno sulla luna? Così risponde Rodari:

Di qui si vede finalmente
quanto piccola è la Terra:
non c’è posto per fare la guerra,
statevi in pace, gente con gente.

Il gioco dei perché è il più vecchio del mondo, dice Rodari, prima ancora di imparare a parlare l’uomo doveva avere nella testa un gran punto interrogativo. Il libro nasce dalle rubriche che lo scrittore di Omegna (Novara, nel 1920) teneva su giornali per ragazzi.


La curiosità è la cura per la noia, lo disse Dorothy Parker, poetessa e scrittrice.
Contro la curiosità non esiste cura, la curiosità è il sentimento che ci rende parte dell’umana specie. E la curiosità è ciò che ha spinto una donna schiva e riservata come Mme. Curie ad abbandonare la modestia e contribuire al benessere del genere umano con le sue scoperte.

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Mme. Curie,  la prima donna a vincere il premio Nobel, ci lascia una testimonianza di che cosa sia stata per lei la curiosità, che mai dev’essere soffocata, secondo la scienziata, sin da quando sboccia nell’infanzia.

Dice Marie Curie che la scienza è meraviglia: “Io sono tra quelli che pensano che la scienza contenga bellezza, che lo scienziato, nel suo laboratorio, non sia solo un tecnico, ma sia più simile a un bambino posto davanti a fenomeni naturali che lo colpiscono, proprio come una favola”.

Lo scienziato è per Marie Curie come un bambino curioso, e il progresso scientifico è fatto “non solo meccanismi, macchine, ingranaggi”, ma è visione ed è bellezza. È il risultato di ciò che l’uomo ha fatto, l’uomo, “animale dotato di spirito d’avventura e indistruttibile curiosità”.


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