A COSA SERVE LA TRISTEZZA, TENEBRE E LUCE IN ČAJKOVSKIJ

L’arte ha qualcosa a che fare con il raggiungimento della quiete nel bel mezzo del caos, disse Saul Bellow. E per farla, l’arte, c’è bisogno di una certa agitazione e di una certa confusione, secondo Joni Mitchell.

La storia delle arti, dalla scrittura alla musica, è spesso la storia di un complesso rapporto tra creatività e malattia mentale. Gli psicologi hanno scoperto che un po’ di malinconia giova alla creatività, ma troppa, la depressione clinica, può essere debilitante.

C’è come un filo sottile da percorrere per rimanere in equilibrio: uno come Pëtr Il’ič Čajkovskij ci ha provato ed è riuscito a regalarci, nonostante la depressione, opere grandiose. La sua ricerca tenace di bellezza e significato l’ha compiuta tra le macerie della sua vita interiore e, intrecciando tristezza e luce, ha composto musica in grado di dialogare con i nostri sentimenti più intimi.

Nelle sue lettere ha raccontato di avere i nervi a pezzi, di essere oppresso dal Conservatorio, e si sentiva inadatto per insegnare teoria musicale, si lamentava della propria situazione economica, insomma, ci sono tante spine, ma le rose sono di più. Ecco cosa scrisse Čajkovskij.

Il suo vestito era un’esasperante depressione, ne sfuggiva dedicandosi agli altri, perché è più facile, quando si è tristi, prendersi cura del prossimo che di se stessi. Agli altri ha offerto momenti luminosi, eppure il suo mondo interiore era avvolto dalle tenebre. Alla sua fidanzata scrisse:

Nella mia vita ci sono giorni, ore, settimane e mesi, in cui tutto sembra nero, quando il pensiero di essere abbandonato mi tormenta insieme all’idea che nessuno si prenda cura di me. In effetti, la mia vita è di poco valore per chiunque. Se dovessi sparire dalla faccia della terra oggi, non sarebbe una grande perdita per la musica russa.

Anche la tristezza, soprattutto la tristezza, è un motore per produrre arte. Di certo cambia il nostro punto di vista sulle cose della vita, ma di esse ce ne svela il lato più profondo e segreto.


 


Immagine di Carl Kleiner