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INNAMORATA DELL’IMPOSSIBILE. LA STORIA E I LIBRI DI VIOLETTE LEDUC

Dopo avervi raccontato la storia triste di Camille Claudel, dell’impegno e della vita di Simone Weil, del rigore, della scrittura e dei pavoni di Flannery O’Connor, ma anche della fotografa dei margini Diane Arbus e della poesia di Amelia Rosselli oggi vi parliamo di Violette Leduc.

Non la conoscete? Allora è arrivato il momento.

Il mio caso non è isolato, ho paura di morire e sono desolata all’idea di stare al mondo. Non ho mai lavorato, non ho mai studiato, ho pianto, ho gridato. Le lacrime e e grida mi hanno occupato molto tempo. La tortura di tutto il tempo perso, di tutto quello che ho pensato… Non riesco a pensare a lungo ma posso provar gusto a guardare una foglia di lattuga appassita. Sarei voluta nascere statua, e invece sono una lumaca sotto il mio letame. Virtù, qualità, coraggio, riflessione, cultura, con le braccia incrociate mi sono infranta contro queste parole

Questo brano è tratto da La bastarda, pubblicato da Gallimard nel 1964 e in Italia da Feltrinelli nel 1965 (poi Mondadori, 1989). Il titolo si riferisce alla condizione di Violette Leduc: appena nata, non è stata riconosciuta da suo padre e ha vissuto la propria infanzia insieme a una madre che mai l’ha voluta davvero e non l’ha mai nascosto. Di questa madre, alla quale rimane comunque legata tutta la vita, racconta nel suo primo romanzo, L’asfissia (1946), portato in Italia da La Rosa nel 1982.


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Sono romanzi, quelli di Violette Leduc, costruiti a partire dalle proprie memorie.
C’è la sua infanzia, i suoi amori e amanti, c’è ansia, c’è fame, c’è disperazione, c’è l’amore e c’è il sesso, raccontato in modo esplicito dal punto di vista di una donna. Sono romanzi potenti ma rimangono marginali, nonostante Violette Leduc fosse la protetta di Simone De Beauvoir e contemporanea di Jean Genet, che di romanzi avanguardisti espliciti ne ha scritti e subito è stato venerato e tradotto. Violette Leduc per avere un po’ di successo deve aspettare.

La sua infanzia è popolata di donne. Indesiderata dalla madre, si rifugia dalla nonna Fideline con la quale ha un bellissimo rapporto. Quando muore, lei ha nove anni e smette di sentirsi una bambina.

Le donne diventano l’oggetto del desiderio nei primi anni in collegio, della sua relazione con una compagna di classe parla sia in Thérèse e Isabelle (Feltrinelli, 1969, Guanda, 1997) che in La bastarda dove descrive la propria febbre, la lussuria, ma anche la delicatezza di quel primo incontro e la successiva delusione. Violette Leduc è bravissima a rendere tutta la profondità della passione e del sesso.

L’incontro fondamentale della sua vita avviene al Caffè Flore di Parigi.
È il 1945 e Violette Leduc, dopo averla seguita per mesi, si presenta a Simone De Beauvoir.


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De Beauvoir ha appena pubblicato Il sangue degli altri ed è in cantiere Il secondo sessoaltera e magnifica diventa subito l’ossessione intellettuale e sentimentale di Violette. De Beauvoir legge il suo primo libro, L’asfissia, lo corregge, e presenta Violette a Gallimard, che decide di pubblicarla nella collana curata all’epoca da Albert Camus. Nonostante l’insistenza di Violette, De Beauvoir la rifiuta, le scrive in una lettera che la sua vita è altrove, e in quell’altrove c’è Jean Paul Sartre, ma il sentimento e il desiderio di Violette sono così forti che proprio all’amore per Simone De Beauvoir è dedicato il suo secondo libro, L’affamata (La Rosa, 1980).


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A differenza di Simone De Beauvoir, Violette Leduc ha condotto una vita di stenti, ed è diventata femminista per via della propria esperienza. Figlia illegittima, povera, una giovinezza trascorsa senza affetto, priva di sostentamento, contrabbanda cibo al mercato nero durante la guerra per i ricchi parigini. Nelle sue opere autobiografiche racconta tutto il proprio dolore, e sottolinea una costante alienazione e un’irrimediabile solitudine. Leggendo impara, e quando scrive è preoccupata di non avere sufficienti soldi per sfamarsi. Non ha mai desiderato costruire il mito di se stessa e non si è mai sentita un’intellettuale.


Provinciale, omosessuale, viveva le proprie passioni in modo selvaggio e perdutamente, del tutto autentica. In lei, Simone De Beauvoir ha visto ciò che lei invece teorizzava: la libertà di scelta, la possibilità di esercitare il libero arbitrio in modo radicale, la volontà di rimuovere i vincoli del passato per raggiungere verità e libertà. Anche per una donna. Una femminista appassionata, onesta in modo devastante, ecco chi era Violette Leduc.

repro Vilotte LEDUC écrivain PHOTO STEPHANE MORTAGNE LA VOIX DU NORD