SIMONE WEIL. C’È OBBLIGO VERSO OGNI ESSERE UMANO, PER IL SOLO FATTO CHE È ESSERE UMANO
Una specie di uccello senza corpo, piegato su se stesso. In un’ampia mantellina nera che non lasciava mai, lunga fino ai polpacci; immobile, silenziosa, sedeva da sola – estranea e attenta, indagatrice e insieme lontana – all’estremità di un vecchio canapé sovraccarico di libri e riviste. Una presenza. Presente. Inconsueta. Così Jean Tortel, poeta e saggista francese, descrisse Simone Weil, nel 1940, a Marsiglia.
Simone Weil nasce a Parigi nel 1909, frequenta il liceo e poi l’École Normale Supérieure. Vince il concorso per insegnare alle scuole medie e diventa docente di filosofia in provincia (1931-1938). Ma nell’inverno del 1934 qualcosa cambia e Simone Weil diventa volontariamente un’operaia nelle officine Renault: racconterà l’esperienza in La condizione operaia.
La sua salute è fragile e l’esperienza in fabbrica non farà che indebolirla ancor di più. Simone Weil però parte di nuovo, stavolta va in Portogallo, dove vive la povertà dei pescatori. Nel 1936 è in Spagna per partecipare alla guerra civile e si unisce all’anarchico Durruti. È vicina all’ambiente sindacale e anarchico, ma anche a una fede – lei nata in una famiglia ebrea – che va definendosi. Nel 1940 studia il sanscrito e legge Bhagavad Gìta, lascia Parigi dopo l’invasione tedesca. Raggiunge prima Marsiglia, poi New York e infine Londra, ed entra a fa parte della Resistenza francese.
Nel 1942, poco prima di esser ricoverata nel sanatorio dove sarebbe morta l’anno successivo di tubercolosi, Simone Weil inizia a scrivere La prima radice. Il libro esce postumo – come tutte le opere di Weil – nel 1949, il titolo originale è L’enracinement, il radicamento, il sottotitolo: Preludio ad una dichiarazione dei doveri verso l’essere umano.
Si tratta di un manifesto per trovare la luce eterna dell’uomo nel buio della Seconda guerra mondiale. Questo testo ha influenzato generazioni di scrittori e pensatori di tutto il mondo, tanto che Albert Camus definì Simone Weil “l’unico grande spirito dei nostri tempi“. Comincia così:
Un diritto non è efficace di per sé, ma solo attraverso l’obbligo cui esso corrisponde; l’adempimento effettivo di un diritto non proviene da chi lo possiede, bensì dagli altri uomini che si riconoscono, nei suoi confronti, obbligati a qualcosa. Il diritto è efficace allorché viene riconosciuto. L’obbligo, anche se non fosse riconosciuto da nessuno, non perderebbe nulla della pienezza del suo essere. Un diritto che non è riconosciuto da nessuno non vale molto.
I doveri dell’essere umano nascono dalle sue necessità. Quelle del corpo e quelle dell’anima. Vengono prima, i doveri verso se stessi e verso gli altri. Verso gli esseri umani.
Simone Weil in La prima radice spiega quali sono questi doveri: ordine, libertà, ubbidienza, responsabilità, uguaglianza, gerarchia, onore, punizione, libertà di opinione, sicurezza, rischio, proprietà privata, proprietà collettiva, verità. Il bisogno di verità è il più sacro di tutti, dice Simone Weil.
I doveri, prosegue Simone Weil, non poggiano su nessuna situazione di fatto, né sulla giurisprudenza, né sui costumi, né sulla struttura sociale, né sui rapporti di forza, né sull’eredità del passato, né sul supposto orientamento della storia. Perché nessuna situazione di fatto può suscitare un obbligo.
La caratteristica che differenzia l’uomo non è il possesso di diritti particolari, né dal poter far valere la propria individualità. L’uomo è diverso quando può aprirsi verso qualcosa che gli è estraneo, qualcosa che non è afferrabile nella sua totalità, ma che è condiviso da tutti, un bisogno di bene e giustizia. I doveri aprono la via alla parte più ignota e segreta dall’animo umano, dice Simone Weil, al campo dell’assoluto. E infatti:
C’è obbligo verso ogni essere umano, per il solo fatto che è un essere umano, senza che alcun’altra condizione abbia ad intervenire; e persino quando non gliene si riconoscesse alcuno.
Le necessità dell’uomo devono essere soddisfatte, sia quelle fisiche che quelle morali. Le prime, come fame, protezione contro la violenza, l’igiene, il vestiario, le cure. E le seconde, altrettanto irrinunciabili, se non sono soddisfatte, l’uomo cade a poco a poco in uno stato più o meno analogo alla morte, più o meno simile a una vita puramente vegetativa. Queste necessità non sono capricci né desideri:
Il primo criterio di distinzione dei bisogni dai desideri, dalle fantasie e dai vizi, dei cibi dalle ghiottonerie e dai veleni è che i bisogni sono limitati quanto i cibi corrispondenti. Un avaro non ha mai abbastanza oro, ma per ogni uomo, cui venga dato pane a volontà, verrà il momento della sazietà. Il nutrimento porta alla sazietà. Avviene lo stesso col nutrimento dell’anima. Il secondo criterio, legato al primo, è che i bisogni si dispongono per coppie di contrari e devono combinarsi in un equilibrio. L’uomo ha bisogno di nutrimento, ma anche di un intervallo fra i pasti ciò che si chiama la giusta via di mezzo consiste in realtà nel non soddisfare né l’uno né l’altro dei bisogni contrari. È una caricatura del vero equilibrio, nel quale invece i bisogni contrari sono, l’uno e l’altro, pienamente soddisfatti.
Tra le necessità individuali da soddisfare c’è n’è una che è anche il titolo del saggio di Simone Weil: il radicamento. Se esso manca, si verificano gravi conseguenze. La mancanza di radici è non sentirsi di appartenere alla società in cui si vive. La perdita del contatto con il proprio contesto di tradizioni, dal luogo in cui si proviene, rende l’essere umano – secondo Simone Weil – incapace di pensare e agire. Non è uno sterile attaccamento al passato:
Per dare bisogna possedere, e noi non possediamo altra vita, altra linfa che i tesori ereditati dal passato e digeriti, assimilati, ricreati da noi. Fra tutte le esigenze dell’anima nessuna è più vitale di quella del passato. Lo sradicamento è avvertito nella sua massima espressione tra gli operai che non si sentono in casa propria né in fabbrica, né nelle loro abitazioni, né nei partiti e sindacati che si dicono fatti per loro, né nei luoghi di divertimento, né nella cultura intellettuale, qualora tentino di assimilarla. Simone Weil lo sa bene, lei stessa ha sperimentato sul proprio corpo il lavoro in fabbrica, l’infelicità e l’afflizione.
Il radicamento è forse bisogno più importante e più misconosciuto dell’anima umana. È tra i più difficili da definire. Mediante la sua partecipazione reale, attiva e naturale, all’esistenza di una collettività che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti del futuro, l’essere umano ha una radice. Partecipazione naturale, cioè imposta automaticamente dal luogo, dalla nascita, dalla professione, dall’ambiente. Ad ogni essere umano occorrono radici multiple. Ha bisogno di ricevere quasi tutta la sua vita morale, intellettuale, spirituale tramite gli ambienti cui appartiene naturalmente.