due tacchini

FORSE NON SAI COME PARLANO I TACCHINI. BREVE STORIA CON DIALOGHI DEL MELAGRIS GALLOPAVO

Del tacchino, Melagris Gallopavo, sappiamo innanzitutto che è un gallinaceo originario dell’America Latina. In Messico, infatti, sono stata rinvenute le più antiche tracce del più antico tacchino, il tacchino della corte del re azteco Montezuma. La sua carne gustosa era molto apprezzata dagli aztechi che amavano anche le sue piume. Di piume di tacchino erano infatti ornati i loro copricapi. Del tacchino sappiamo anche che è snello, che ha zampe lunghe e ali e coda proporzionate alla sua figura. La sua testa, vista da vicino, è bitorzoluta e il suo becco, sempre visto da vicino, è arcuato e sotto – nel maschio – pende un’escrescenza flaccida di forma conica. Il tacchino ha piedi con dita lunghe e ali rotonde. Sappiamo anche che le penne, che formano la coda a raggiera (qualcuno le avrà contate) sono 18. È costume del tacchino fare “la ruota” quando corteggia la femmina.

Il tacchino è una bestia che viene descritta con dovizia nel Summario de la historia natural de las Indias Occidentales e si dice che fu Cristoforo Colombo in persona il primo europeo ad averci a che fare e a portarlo con sé per farlo conoscere agli Spagnoli. Doveva essere il 1511, più o meno.

Il tacchino non si è sempre chiamato tacchino ma ha avuto vari nomi: gli indigeni lo chiamavano Huescolot, i portoghesi Pavones de las Indias e i francesi si riferivano al tacchino con il nome elegante di Coq d’Inde. In Inghilterra lo chiamarono prima Turkey-Cochs, poi però accorciarono il suo nome in Turkey.

Fu allevato da monaci nei pressi di Bourges e tra il XVI e il XVIII secolo la carne di tacchino era considerata un cibo principesco, proprio da mensa regale. Prima veniva cotto intero e allo spiedo, poi due chef famosi decisero che era meglio farcirlo. E così il tacchino farcito divenne il piatto famoso del Giorno del Ringraziamento. Il tacchino viene farcito il quarto giovedì di novembre.

Dei tacchini sappiamo moltissime cose. Come parlano, però, non lo sappiamo. E allora ve lo diciamo noi con questi dialoghi scritti da Marco Valentini, che ha scritto per Il Semplice, Il caffè illustrato, Margini, e non solo di tacchini. Ha scritto anche in antologie e in riviste online. Ha portato in scena lo spettacolo di letture ad alta voce Animali Parlanti con Ermanno Cavazzoni, Paolo Nori, Ugo Cornia. E fatto tante altre cose.

Ecco qui. Ci spiega Mario Valentini che i tacchini non conoscono la frase. Hanno un’attività verbale e di pensiero che si ferma a livello nominale. E anche i nomi che usano (o gli aggettivi) gli circolano nella testa come suoni accattivanti ma lievemente incomprensibili.


 

Tacchini stupiti

– Cavoli

– Capperi

– Lamponi

– Sorbole

– Sorbole?

– Sorbole!

– Bietole

– Ravanelli

– Ravanelli?

– Si, si, ravanelli.

– Ravanelli! Ravanelli!


Tacchini curiosi

– Conosci cicoria?

– Conosco conosco.

– Vista acacia, vista?

– Acacia?

– Acacia! …acacia, lavanda, tamerisco, cactus…

– Cactus? Bello cactus, bello…


Complimenti tra tacchini

– Sontuoso

– Impavido

– Ingannevole

– Genuino

– Turbolento

– Salutare, davvero salutare.

– Simbolico, ecco, simbolico.

– Simbolico? Grazie, simbolico.


Di tacchini e di altri animali, straordinari e infraordinari, si leggerà a Torino Spiritualità giovedì 29 settembre, ore 18.30 al Circolo dei lettori (Sala Grande). L’appuntamento è con Paolo Nori (di tacchini leggerà lui), Ermanno Cavazzoni e Leo Ortolani. E con un asino russo che non capisce il suo padrone, con un bradipo che ha dei problemi con la raccolta differenziata, con una mosca terrorizzata dalle superfici trasparenti e poi con una scimmia-sedia prossima all’estinzione. Dell’ippocentauro di Ermanno Cavazzoni vi diciamo nei prossimi giorni. Qui tutto su Animali straordinari e infraordinari, e qui le info della biglietteria online.

Con il contributo di Giubileo per la Cultura