GABBIANO

ENZO BIANCHI. GLI ANIMALI E NOI, E GLI ANIMALI DENTRO DI NOI

Il Cristianesimo occidentale ha sempre coltivato una fede acosmica, una fede in cui il nostro cosmo non era contemplato e in cui tutte le creature, dagli animali alle piante, costituiscono esclusivamente il contesto per favorire la vita dell’uomo.

Pensiamo all’iconografia dell’uomo con accanto l’asino: l’asino è lì per portare i pesi dell’uomo, per fare fatica al posto suo, per essere maltrattato, a volte.

La stessa visione antropocentrica la ritroviamo nel pensiero filosofico, da Cartesio a Pascal, a Schopenhauer: esiste un abisso radicale tra uomini e animali.

Ma, ci ricorda Enzo Bianchi, ciò che conta del testo sacro è l’interpretazione che se ne dà. E dalla lettura della Bibbia possiamo trarre un’interpretazione tutta nuova, insieme a una visione sorprendente del ruolo degli animali all’interno del creato.

“Noi e gli animali siamo co-creature”, continua Padre Bianchi, perché condividiamo tutti la sofferenza della vita ma anche una speranza di Salvezza.

Adamo è stato chiamato a dare un nome a tutti gli esseri viventi. “Dare un nome” a qualcuno o qualcosa significa riconoscerlo nella sua individualità, significa stabilire un rapporto, una relazione di vicinanza. Gli animali che ricevono un nome ricevono un volto. Basta pensare al nostro gatto o al nostro cane, che chiamiamo per nome, e che in qualche modo rispondono a quel nome.

In Genesi 1 è chiaro come acqua e terra siano matrici di tutti gli esseri viventi; all’uomo come agli animali Dio dà la stessa benedizione“siate fecondi e moltiplicatevi, riempite tutta la terra”. E infatti all’inizio all’uomo viene prescritto non di mangiare carne, ma di nutrirsi di piante e frutti.

Ancora, il Signore ribadisce la sua alleanza dopo il diluvio universale, non solo con gli esseri umani ma con tutti i viventi, e lo fa con un arcobaleno:

“Il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà il segno dell’alleanza tra me e la terra” (GN 9, 13).

E poi dovremmo sempre ricordarci che prima di essere uomini, siamo animali. Infatti il nostro cammino su questa terra sta nel passare dall’animalità che c’è in noi, in tutti noi, all’umanizzazione. Prima di dominare gli animali della terra dobbiamo imparare a dominare l’animale che c’è in noi. Dio si rivolge a Caino dicendo: “C’è una pulsione, sdraiata come un animale, alla porta del tuo cuore, ma tu dominala!”.

Padre Bianchi ci ha invitati a domare quell’animale che è in noi, pur con la consapevolezza che egli resterà sempre accovacciato alla porta del nostro cuore.

In realtà Bianchi ci ha anche fatto il verso del gabbiano, ma questo è stato un momento che non si può descrivere a parole.


 

Marta Marzola, 26 anni, si dedica alla comunicazione da quando ha 3 anni: dalle prime parole in italiano a quelle in lingue morte al Liceo Classico, dai testi pubblicitari in un’agenzia di Milano alla Comunicazione Interculturale all’Università di Torino.