MARCO BELPOLITI. L’UNIVERSO IN UN INSETTO
Gli insetti dominano il nostro universo, tre quarti delle specie che vivono accanto a noi sono insetti. Il peso complessivo delle formiche equivale a quello di tutti gli esseri umani. Eppure gli insetti, che abitano il pianeta da trecento milioni di anni, non si sono evoluti. Il loro scheletro esterno impedisce loro anche di crescere esteriormente. Ciononostante sono una presenza costante e significativa del nostro universo, una presenza di cui dovremmo tutti curarci di più.
Per chi si occupa di insetti, la cosa più affascinante riguarda la concezione del tempo. Che cos’è il tempo per gli insetti? Trascorre velocemente o lentamente?
Gli insetti hanno una percezione del tempo molto diversa dalla nostra.
Le mosche, per esempio, hanno un campo visivo molto più ampio e possono vedere duecento percezioni ottiche al secondo, a differenza dell’uomo che ne percepisce soltanto dodici. Dunque, poiché le mosche hanno una percezione più rapida di ciò che accade, per loro il tempo scorre più lentamente.
Le zecche, invece, come è stato sperimentato da un’istituto zoologico russo, possono rimanere a digiuno per diciotto anni. Le zecche, dunque, sono in grado di percepire questo periodo di tempo, per noi lunghissimo, come un breve intervallo tra un pasto e l’altro.
Pur non essendo propriamente insetti, anche i ragni, appartenenti alla famiglia degli aracnidi, suscitano molto interesse anche tra gli entomologi. Ciò che più colpisce di questi animali è la loro straordinaria abilità nell’intessere tele resistenti più dell’acciaio, i curiosi riti nuziali che sono in grado di creare, e i filtri d’amore utilizzati per assoggettare i propri partner.
Ma Primo Levi, che Belpoliti non può non citare nel suo interessante excursus su questi insetti poco amati, non era esattamente un estimatore dei ragni, di cui aveva invece immenso timore. Preferiva parlare dei tre insetti che definiva sociali: le formiche, le api e le termiti.
Ma è soprattutto soffermandosi sul tema della bellezza che Levi parla degli insetti, concentrandosi sul perché alcuni di essi, come ad esempio la farfalla, non subiscano lo stesso disprezzo riservato al resto della specie.
Perché sono belle le farfalle? Non certo per il piacere dell’uomo, come pretendevano gli avversari di Darwin: esistevano farfalle almeno cento milioni di anni prima del primo uomo. Io penso che il nostro stesso concetto della bellezza, necessariamente relativo e culturale, si sia modellato nei secoli su di loro, come sulle stelle, sulle montagne e sul mare.
Ne abbiamo una riprova se consideriamo quanto avviene quando esaminiamo al microscopio il capo di una farfalla: per il maggior parte degli osservatori, all’ammirazione subentra l’orrore o il ribrezzo. In assenza dell’abitudine culturale, quest’oggetto nuovo si sconcerta; gli occhi enormi a senza pupille, le antenne simili a corna, l’apparato boccale mostruoso ci appaiano come una maschera diabolica, una parodia distorta del viso umano.
Gli insetti dunque, che pervadono le nostre esistenze e i nostri spazi, sono animali a cui dovremmo prestare più attenzione, anche se siamo culturalmente portati a non farlo.
Costanza Franceschini, 21 anni, studentessa di Comunicazione Interculturale presso l’Università di Torino, interessata ai temi delle differenze culturali e dei flussi migratori, vorrebbe proseguire i propri studi nell’ambito dell’Antropologia Culturale. Da due anni si dedica allo studio della lingua e della cultura cinese.