AH, LA STUPIDITÀ! LA CONOSCO, LA STUDIO, È IL NEMICO. IL DIZIONARIO DEI LUOGHI COMUNI DI FLAUBERT
Oggi ricorre l’anniversario della nascita di Gustave Flaubert (12 dicembre 1821), l’amatissimo autore di Madame Bovary, L’educazione sentimentale e Salammbô. La sua città natale è Rouen, piccolo gioiello della Normandia, tra la Senna e il mare. Non ha subito devastazioni durante la guerra ed è rimasta integra, con la sua cattedrale gotica, il cuore medievale, le case di graticcio autentiche. Rouen è famosa anche perché teatro del rogo di Giovanna d’Arco, del triste episodio rimane un monumento alla memoria proprio al centro della cittadina.
Flaubert è naturalmente l’autore di Madame Bovary, l’immortale storia di una donna sospesa tra due mondi, da una parte la vita di campagna noiosa e mortificante che conduce con suo marito, dall’altra romanticismo, amore, ispirazione e fantasia. Ma non solo Emma Bovary.
Ricordiamo un piccolo libro, il Dizionario dei luoghi comuni – Album della Marchesa – Catalogo delle idee chic, lo trovate nella Piccola Biblioteca Adelphi. In questo libro, Gustave Flaubert passa in rassegna la stupidità umana attraverso le parole.
Le parole che costruiscono i luoghi comuni.
Scrive nella prefazione:
Quando la si finirà con la vuota metafisica e i luoghi comuni? Tutti i guai vengono dalla nostra gigantesca ignoranza. Ciò che dovrebbe essere studiato è creduto senza discussione. Invece di osservare, si afferma! La stupidità! Ah! La conosco. La studio. È il nemico. E inoltre non c’è un altro nemico. Sto rimuginando una vecchia idea: quella del mio Dizionario dei luoghi comuni. L’opera potrebbe avere come sottotitolo Enciclopedia della stupidità umana.
Ogni luogo comune è accompagnato da una caustica definizione.
Quelle di Flaubert sono le parole usate senza metterci impegno, senza prender tempo, quelle che spuntano senza controllo e che sono la forma del pensiero automatico: di che le usa dicono che si è perso in un luogo comune. E infatti, rifacendosi proprio a Flaubert, Giuseppe Culicchia ha catalogato le espressioni tipiche del nostro tempo, ve ne abbiamo parlato qui, in un libro uscito per Einaudi quest’anno. Ci dice Culicchia che per noi:
Il sole è sempre accecante. Banane? L’Italia è la Repubblica delle. Baricco scrive da Dio. Berlusconi? Genio della comunicazione. Cina = luogo d’origine di ogni prodotto.
I commenti sono sempre graffianti. I dentisti sono tutti ladri. L’estate in corso è sempre la più calda del secolo. E il freddo è sempre eccezionale. A galoppare sono i prezzi. Le idee sono come i gatti: le si accarezza. Incubo precede “delle vacanze”. E lo spettacolo deve continuare.
Per Flaubert: ABBIGLIAMENTO FEMMINILE: Turba l’immaginazione. ALLEGRIA: Sempre accompagnata da “folle”. Gli amici della schietta allegria. ÀMBITO: Suona bene nei discorsi ufficiali: “Signori, in quest’àmbito…”. ATTRICI: La rovina dei giovani di buona famiglia. GELATAI: Tutti napoletani. CAMPAGNA: La gente di campagna è migliore di quella di città: invidiare la sua sorte. In campagna tutto è premesso: abiti sciatti, scherzi, ecc. Bisogna mettersi sempre a proprio agio. Niente toilette. Ci si tolgono i vestiti. Allegria rumorosa. Fare scherzi. Sedersi per terra. Fumare la pipa.
Sono le espressioni più riconoscibili. Sono le frasi fatte. I luoghi comuni, in cui tutti ci perdiamo, ogni volta che intavoliamo un discorso (un discorso è spesso “intavolato”, per esempio”). Fai un esercizio: prendi un articolo di giornale qualsiasi, di cronaca magari, e una matita rossa. Cerchia tutte le frasi fatte che trovi, vedrai che i segni rossi saranno tantissimi.