LA CASA DI ALDA MERINI
Per arrivarci bisogna salire diverse rampe di scale. L’edificio è del XIX secolo, il quartiere Navigli, la città Milano. Dentro, la luce del sole diventa scura per via delle finestre chiuse, lì nelle tre stanze che compongono quel piccolo appartamento, fatto di bagno, cucina, camera da letto tutte affacciate sul corridoio.
Si tratta di un piccolo labirinto domestico, dove la poetessa ha riunito in ogni centimetro disponibile, oggetti e paccottiglia, nel caos assoluto e indecifrabile. Così ha registrato la sua esistenza, attraverso la sedimentazione di rifiuti: pagine e oggetti sovrapposti, che sono caduti una volta e mai più raccolti. Le cose rovesciate sui tavoli, sui piani e sul pavimento, i resti della sua vita, sul comodino, nel letto. Tutto vacilla eppure è immobile: scatole, libri, risme di carta, fogli sciolti, riviste, pagine strappate, vestiti, bollette, barattoli e bottiglie, ma anche attrezzi, tante inimmaginabili cose.
Chi entra fa un passo dentro si trova, come una spia, a cercare qualcosa nel regno di Alda Merini. Qualcosa di scritto a vernice nella testata del suo letto, nei numeri di telefono appuntanti con il rossetto sui muri, insieme a vignette, aforismi, pensieri. L’appartamento è una mappa disegnata con cenere di sigaretta. La notte si può immaginare il buio acceso di brevi scintille.
La vera casa della poetessa è in Ripa di Porta Ticinese 47. Lì ha vissuto fino alla sua morte nel 2009. Ma per conservare l’abitazione come testimonianza della vita e del lavoro di Alda Merini, la casa museo è stata riallestita in via Magolfa 32. Sempre Navigli, il quartiere più caro alla poetessa. Si può entrare per visitarlo, c’è tutto, anche la bigiotteria nel cassetto del comodino, i vestiti sparsi sul letto, come se fosse appena andata via.