MI RICORDO, MI RICORDO, MI RICORDO. GEORGE PEREC
Oggi ricorre l’anniversario della morte dell’amato George Perec (7 marzo 1936 – 3 marzo 1982), autore, tra gli altri, di quel libro bellissimo dal titolo Mi ricordo (Bollati Boringhieri, 2013).
È un esercizio che potete fare anche voi. Bisogna prima scegliere un periodo della propria vita, dai 20 ai 25 anni, per dire, dai 40 ai 50, e poi mettersi lì a ricordare. Che cosa ti viene in mente? Perec l’ha fatto per 48o volte. E il risultato è una sorta di biografia con la forma della lista, che assomiglia a una poesia.
Seduto alla scrivania, in un caffè, in un aeroporto o in treno, cerco di ritrovare un avvenimento che non ha importanza, che sia banale, desueto, ma che, nel momento in cui lo ritrovo, scatenerà qualcosa.
Eventi qualunque che la memoria pesca da chissà dove. Un serbatoio di piccoli episodi da saccheggiare e da trasformare in lista perché la sola giustapposizione di frasi diventa qualcosa di potente. Potentissimo. Nessun commento, solo il ricordo nudo: una canzone, una pubblicità, un nome, tante piccole cose inutili ma rimaste impresse, cose insignificanti che raccontano un’epoca intrecciata alla vita dello scrittore che racconta. Un’intera generazione viene così descritta.
Qualche esempio?
Mi ricordo che, all’indomani della morte di Gide, Mauriac ricevette questo telegramma: “Inferno non esiste. Impazza pure. Stop. Gide”.
Mi ricordo che Kruscev ha sbattuto una scarpa sulla tribuna dell’O.N.U.
Mi ricordo un ballo che si chiamava la Raspa.
Mi ricordo che la parola “robot” è una parola ceca, inventata, credo, da Carel Capek.
Mi ricordo che tutti i numeri la cui somma dà un totale di nove sono divisibili per nove (a volte passavo interi pomeriggi a controllare…).
Mi ricordo lo yo-yo.
Mi ricordo tre modi per fissare gli sci, nella scanalatura del tacco, con un cavetto teso molto avanti sul piede, e con delle cinghie.
Alla fine del libro ci sono alcune pagine bianche perché il lettore possa annotare i propri Mi ricordo, suscitati dalla lettura del libro. Ma Perec si è ispirato a un altro libro ancora scritto da Joe Brainard e intitolato I remember, uscito nel 1970, tradotto da Thais Siciliano per Edizioni Lindau. Anche Matteo B. Bianchi ha fatto la stessa cosa, per l’editore Fernandel, il libro si chiama naturalmente Mi ricordo.
Qualche altro Mi ricordo di Perec. Una volta l’abbiamo fatto anche noi, in occasione dei 90 anni di Andrea Camilleri.
Mi ricordo: “Grégoire e Amédée presentano Grégoire e Amédée in Grégoire e Amédeé”.
Mi ricordo che Alain Delon faceva il commesso salumaio (o il garzone di macellaio?) a Montrouge.
Mi ricordo che Jean Gabin, prima della guerra, doveva, per contratto, morire alla fine di ogni film.
Mi ricordo che la mia prima bicicletta aveva le gomme piene.
Mi ricordo che Fidel Castro era avvocato.
Mi ricordo la sorpresa provata scoprendo che “cow-boy” vuol dire “vaccaro”.
Mi ricordo che a Stendhal piacevano gli spinaci.
Mi ricordo che una delle prime decisioni prese da de Gaulle, una volta giunto al potere, fu di eliminare la cintura dalle uniformi.
Mi ricordo la fatica per capire che cosa volesse dire l’espressione “senza soluzione di continuità”.