STUPISCITI DI QUANTO SI PUÒ STRAPARLARE. SI CHIUDE TORINO SPIRITUALITÀ
Pensavi di avermi perso per le strade della tua città, tra le gambe di un primo amore o tra le strisce su quel porta cd. Invece sono qui, all’incirca da molto più tempo di quello che tu desideri, e devi finalmente sapere che non ti abbandonerò mai. I tuoi solchi cambiano ma io resto. Puoi chiamarmi la tua aurora.
Anonimo
È difficile spiegare il modo o il momento in cui si scopre di essere bambini. Non si tratta di altezza (lo garantisce una che non è mai cresciuta molto in termini di centimetri) e nemmeno di esperienze: ci si convince facilmente di essere grandi anche da piccini. Allora siamo bambini perché gli altri ci chiamano così o perché abbiamo dei limiti che non sempre ci vengono spiegati. Bambini “limitati” prima ancora di una diagnosi specializzata. Una delle differenze tra l’infanzia e l’età adulta potremmo ritrovarla proprio a questo punto.
Il bambino cambia, o qualcuno preferirebbe dire cresce, quando il mondo comincia ad essere segnato non più dai confini imposti dai genitori ma dalle infinite possibilità suggerite dalla tecnologia, così com’è descritta da Miguel Benasayag. Questo segna solo l’inizio di un insieme di paure e burrascose perturbazioni interne di un adulto che vede il futuro non come il luogo sicuro, controllabile e divertente che gli è stato promesso.
A questo punto sorge una domanda: ma allora noi smettiamo di essere bambini o continuiamo ad esserlo senza rendercene conto? Premettendo che, in fondo in fondo, nessuno dimentica mai di essere stato bambino, credo di poter affermare, e con me lo farebbero molti degli intellettuali intervenuti a Torino Spiritualità quest’anno, che la maggior parte di noi sono adulti senza possibilità di ritorno. Anche i più impensabili “bambini permanenti” come Tiziano Terzani non sono i fanciulli che erano all’inizio dei loro anni, ma sono qualcosa di diverso.
Un lungo periodo di esposizione ai nostri modelli culturali porta a delle variazioni, siano esse l’adesione o la ribellione a quei modelli. E la forza che dimostrano gli adulti, Terzani ne è l’esempio più interessante a livello italiano, non possiamo affermare sia carica della stessa consapevolezza di chi, senza svariati lustri sul groppone, decide di lavorare su se stesso per diventare la migliore versione di essere vivente che gli è possibile. Siamo irrimediabilmente cresciuti. Così stanno le cose. Anche quando pretendiamo di essere capaci di costruire un mondo a forma di bambino, dobbiamo ricordare che le cose sono andate così. Non capiremo mai cosa vuol dire pienamente essere bambini dato che non lo siamo più. Lo possiamo diventare di nuovo?
Forse sarebbe un problema. L’infantilismo che in molti incontri è stato descritto ha sempre due elementi comuni: la sicurezza ricercata nel non prendere decisioni da soli e la dipendenza dall’attenzione allo sguardo altrui prima che al proprio. In questo senso ancora una volta Tiziano Terzani ci mostra quanto siamo adulti nel nostro tentativo di essere bambini se scegliamo di essere gli unici artefici del nostro destino e se assumiamo posizioni non esattamente politically correct.
Quanto detto finora descrive però una situazione in cui il grande “fa” il bambino e non “diventa” bambino. Questa seconda espressione verbale racchiude in sé molto più di quanto si possa immaginare. Lo si può capire se si pensa alle parole di Emanuela Nava, una cantastorie per bambini, anche molto cresciuti, che conclude il suo intervento dicendo: “c’era una volta una bambina che amava la bellezza del mondo e c’era il mondo intero che amava la bellezza dentro di lei”. In questa frase, in realtà, non sembra intravedersi soltanto la descrizione di un cuore puro e avido di conoscenza, come i più potrebbero pensare. Si potrebbe invece ravvisare la parte migliore di ogni adulto che è stato bambino: la contemplazione.
Ci riempiamo spesso la bocca di quanto sia stupendo e augurabile riprovare lo stupore dei bambini, ma un adulto, su quello stupore che lui stesso ha provato, ha la possibilità di proiettare tutto il potere della consapevolezza. Mi spiego meglio. In molti sentono parlare di illuminazione raggiunta tramite la meditazione. Vi svelo un segreto: la meditazione non è un esercizio prettamente trascendente. Anzi, è quanto di meglio potete fare per il il vostro benessere perché, che sia zen o pranayama, vi insegna a controllare i vostri pensieri: questa è l’illuminazione. Tutto qui. Se non siete in grado di riflettere su voi stessi e sulle azioni che avete o che dovete compiere, ma avete il desiderio di farlo: meditate. Allo stesso modo, se avete molti pensieri per la testa che non vi permettono di dormire bene la notte e volete svuotare la testa: meditate. Sembra strano ma, anche se non ci conosciamo, fidatevi di me se vi dico che essere consapevoli di ciò che vi succede intorno, a voi o agli altri, è solo il primo passo per raggiungere la consapevolezza dell’azione e del pensiero. E quando vi ritroverete a conoscere tutto il male e tutto il bene del mondo (o quasi), la sorpresa, lo stupore, si insinuerà nella vostra vita in tutto quello spazio libero che avrete nella vostra mente.
E saranno una sorpresa e uno stupore nuovi, non infantili, perché frutto di un tempo più lungo, sia contemplativo che non. Sembrano le parole di una santona, me ne rendo conto, ma vi sfido a trovare qualcosa di diverso dallo stupore e dalla meraviglia che funzioni come ponte di connessione tra il nostro e gli altri bambini.
Carola Tirrito