SHOCK È QUANDO SUCCEDE QUALCOSA DI TERRIBILE CHE ANCORA NON COMPRENDIAMO. NAOMI KLEIN
Shock ‹šòk› s. ingl. – secondo la definizione del Vocabolario Treccani – significa propriamente «urto, scossa violenta». Viene da to shock che vuol dire «percuotere». È uno «stimolo inteso di natura fisica o psichica; impressione violenta e improvvisa, trauma psichico». In medicina «sindrome a insorgenza acuta ed evoluzione più o meno drammatica, indotta da cause molteplici e di grave entità».
E shock è la parola scelta da Naomi Klein per i suoi due ultimi libri, Shock economy del 2007 e Shock politcs (entrambi Feltrinelli) del 2017. Shock è una parola che descrive un fenomeno.
Nel primo la giornalista canadese si domanda che cos’abbiano in comune l’Iraq dopo l’invasione americana, lo Sri-Lanka post-tsunami e New Orleans dopo l’uragano Katrina. Dice che «Shock e sgomento (Shock and awe) sono azioni che generano paure, pericoli e distruzione incomprensibili per la popolazione, per elementi/settori specifici della società che pone la minaccia, o per i leader. La natura, sotto forma di tornado, uragani, terremoti, inondazioni, incendi incontrollati, carestie ed epidemie, può generare “Shock and awe“». Secondo Naomi Klein, l’idea che sia utile cancellare un intero tessuto sociale per costruire da zero un’utopia, quella dell’ultraliberismo. L’autrice denuncia un capitalismo di conquista che sfrutta cinicamente i disastri.
Shock politics è il libro discusso giovedì 2 novembre presso l’Aula Magna della Cavallerizza Reale (è il decimo incontro di Giorni Selvaggi con Salone Internazionale del Libro).
Spiega Klein: «Noi non scivoliamo in stato di shock quando succede qualcosa di brutto e grosso, deve essere qualcosa di brutto e grosso che ancora non comprendiamo. Lo stato di shock subentra quando si spalanca un baratro tra i fatti e la nostra capacità iniziale di spiegarli. Tantissimi di noi, quando si trovano in una situazione del genere, diventano vulnerabili alle autorità o alle figure autoritarie che ci dicono che dobbiamo temerci l’un l’altro e rinunciare ai nostri diritti per il bene superiore. Oggi è un fenomeno globale, non è limitato agli Stati Uniti».
Infatti, l’elezione di Donald Trump segna una pericolosa crescita di tensione in un mondo sempre più afflitto dalla crisi della politica. Secondo Naomi Klein, sbaglia chi considera un caso soltanto americano il programma del nuovo presidente, che prevede protezionismo e deregulation per favorire gli interessi delle grandi multinazionali, una guerra totale al cosiddetto “terrorismo radicale islamico” e un cieco rifiuto delle politiche climatiche.
Trump rappresenta un fenomeno globale, una tendenza già presente in tutte le democrazie occidentali. Una visione distorta della politica che ha la potenza di un brand. E che sarà ben presto all’origine di una catena di crisi in economia, nella sicurezza nazionale e per l’ambiente. Infatti, spiega Klein, il fenomeno Trump non è tanto un’aberrazione, ma piuttosto la logica estensione degli orientamenti politici ed economici più pericolosi dell’ultimo mezzo secolo.
Quella di Naomi Klein è una lucida analisi delle dinamiche che hanno portato alla diffusione globale di questo fenomeno. Ma non solo, la giornalista pone le basi per un movimento di massa capace di opporsi al militarismo, al razzismo e al corporativismo che stanno crescendo nel mondo occidentale. E dimostra che il concetto di resistenza è tutt’altro che obsoleto.
Così comincia Shock politics (Feltrinelli 2017, trad. di Giancarlo Carlotti):
Shock è una parola che riaffiora di continuo dal novembre 2016, dal giorno in cui Donald Trump è stato eletto, e la si usa per descrivere i risultati elettorali che hanno sovvertito i sondaggi, ma anche la reazione emotiva di tanta gente di fronte all’ascesa al potere di Trump nonché le strategie politiche in stile blitzkrieg del neo presidente. E difatti la sua collaboratrice Kellyanne Conway ha definito più volte la nuova epoca esattamente così, “uno shock al sistema“. Studio da quasi due decenni gli shock sistemici alle varie società, come avvengono, come sono sfruttati da politici e multinazionali e come vengono addirittura aggravati volutamente per approfittarsi di una popolazione disorientata. Ho anche delineato l’altra faccia di questo processo: il modo in cui le società che si uniscono attorno alla comprensione di una crisi comune possano cambiare in meglio il mondo.