COME SI DICE LA POESIA SECONDO LEONARD COHEN
Il grande cantautore canadese Leonard Cohen ha scritto tra le più belle canzoni di tutti i tempi. Ma prima ha scritto romanzi come The favourite game e Beautiful Losers, alla fine degli anni Sessanta. Ha girato il mondo, ha vissuto a Grecia e a Cuba prima di trasferirsi a New York. Nel suo libro di poesie The Parasites of Heaven, sono raccolti testi che sarebbero diventate canzoni come Suzanne, che finirà in Songs of Leonard Cohen del 1968. E di poesia Leonard Cohen ha parlato spesso, e ha anche scritto e raccontato come dirla, la poesia, quale tono di voce usare, quali espressioni del corpo e del volto siano da evitare quando si legge. E ha spiegato che cos’è per lui: La poesia non è altro che informazione. È la Costituzione del Paese interiore.
Prendiamo la parola farfalla. Per usare questa parola non è necessario far pesare la voce meno di un grammo o dotarla di alucce polverose. Non è necessario inventarsi una giornata di sole o un campo di narcisi selvatici. Non è necessario essere innamorati delle farfalle. La parola farfalla non è una farfalla reale. C’è la parola e c’è la farfalla. Se non distingui l’una dall’altra, la gente ha il diritto di ridere di te. Non dare così importanza alla parola. Cerchi forse di dare l’impressione che ami le farfalle meglio di chiunque altro, o che comprendi la loro vera natura? La parola farfalla è un mero dato. Non è un’opportunità che ti viene concessa per volteggiare, librarti in volo, fare amicizia con i fiori, simbolizzare bellezza e fragilità o immedesimarti in qualche modo in una farfalla. Non mettere in scena la parola. Non mettere mai in scena la parola. Non cercare di staccarti da terra quando parli di volare. Mai chiudere gli occhi e girare bruscamente la testa quando parli di morte. Non piantarmi addosso i tuoi occhi ardenti quando parli d’amore. Se vuoi far colpo su di me quando parli d’amore, mettiti la mano in tasca o sotto il vestito e gioca. Se a spingerti a parlare d’amore sono state l’ambizione e la sete di applausi, dovresti imparare a farlo senza disonorare te stesso o la materia.
Che cos’è l’espressione adeguata alle esigenze della nostra epoca? L’epoca non esige alcuna espressione. Abbiamo visto fotografie di madri asiatiche che hanno perduto i propri cari. Non ci interessa lo spasimo dei tuoi organi in subbluglio. Nulla di quanto puoi mostrare in volto può eguagliare l’orrore dei nostri tempi. Non provarci neanche. Non faresti altro che esporti al disprezzo di chi ha sofferto davvero. Nei cinegiornali abbiamo visto visto essere umani all’estremo del dolore e dello sfacelo. Lo sanno tutti che mangi bene e che vieni pagato per stare lassù. Stai facendo la parte davanti a persone che hanno sopportato una catastrofe. Questo dovrebbe farti stare molto calmo. Dì le parole, fornisci i dati, fatti da parte. Lo sanno tutti che soffri. Non puoi dire al pubblico tutto ciò che sai dell’amore in ogni verso d’amore che reciti. Fatti da parte e sapranno quel che sai, perchè lo sanno già. Non hai nulla da insegnar loro. Non sei più bello di loro. Non la sai più lunga. Non alzare la voce con loro. Non penetrare a forza. Se mostri il contorno dei tuoi genitali, poi mantieni ciò che prometti. E ricordati che la gente non desidera davvero un acrobata a letto. Qual è il nostro bisogno? Essere vicini all’uomo naturale, essere vicini alla donna naturale. Non fingere di essere un cantante adorato da un grande pubblico fedele che ha seguito gli alti e bassi della sua vita fino a questo momento. Le bombe, i lanciafiamme e tutta quella merda hanno distrutto ben più che i soli alberi e villaggi. Hanno distrutto anche il palcoscenico. Non ci sono più le luci della ribalta. Sei in mezzo alla gente. Quindi sii modesto. Dì le parole, fornisci i dati, fatti da parte. Sta’ da solo. Sta’ al tuo posto. Non metterti in vista.
Questo è un paesaggio interiore. È dentro. È privato. Devi rispettare l’intimità della materia. Questi brani sono stati scritti in silenzio. Il coraggio dell’azione sta nel dirli. La disciplina dell’azione sta nel non violarli. Fa’ sentire al pubblico il tuo amore dell’intimità anche se non c’è intimità. Fate le brave puttane. La poesia non è uno slogan. Non può reclamizzarti. Non può promuovere la tua reputazione di persona sensibile. Non sei uno sciupafemmine. Non sei una mangiauomini. Tutto quel ciarpame sui fuorilegge dell’amore. Siete studenti di disciplina. Non mettere in scena le parole. Le parole muoiono quando le si mette in scena e a noi non resta altro che l’ambizione.
Dì le parole con rigorosa precisione con cui controlli la lista della lavanderia. Non diventare sentimentale sulla camicetta di pizzo. Non fartelo venire duro quando dici mutandine. Non farti assalire dai brividi solo per via dell’asciugamano. Le lenzuola non dovrebbero provocare un’espressione trasognata nei tuoi occhi. Non c’è bisogno che piangi nel fazzoletto. I calzini non sono lì per ricordarti viaggi insoliti e lontani. È solo il tuo bucato. Sono soltanto i tuoi indumenti. Non cercare di vedere che cosa c’è al di là. Limitati a indossarli.
La poesia non è altro che informazione. È la Costituzione del Paese interoriore. Se la declami con enfasi, a gran voce, animato da nobili intenti, allora non sei migliore dei politicanti che disprezzi. Sei solo uno che sventola una bandiera e che fa appello nel modo più dozzinale a una specie di patriottismo dell emozioni. Pensa che le parole siano scienza, non arte. Sono un resoconto. Non lavorarti il pubblico alla ricerca di trasalimenti e sospiri. Non sarà la tua interpretazione dei fatti ma la loro a decidere se meriti trasalimenti e sospiri. Dipenderà dalle statistiche e non dal tremito della voce o dalle mani che fendono l’aria. Dipenderà dai dati e dalla tranquilla organizzazione della tua presenza.
Evita le espressioni fiorite. Non temere di essere debole. Non vergognarti di essere stanco. Hai un bell’aspetto quando sei stanco. Hai l’aria di uno che potrebbe andare avanti per sempre. E adesso vieni tra le mie braccia. Sei l’immagine della mia bellezza.