TAMARA DE LEMPICKA E GABRIELE D’ANNUNZIO. UNA BIZZARRA STORIA DI SEDUZIONE
I colori di Tamara de Lempicka sono crudi e sono freddi, come quelli di manifesti. Il rosso delle labbra delle sue donne, quelli delle unghie, il blu vivo dei loro vestiti, in contrasto con il bianco. Sono opere con ombre nere e marroni, massicce e talvolta brutali per via delle linee precise, nette.
Alcuni misteri avvolgono le figura di Tamara. Uno è la data di nascita, un altro è il luogo. Diceva di esser nata nel 1902, ma i documenti riportano l’anno 1898. Diceva di esser polacca di Varsavia, ma più probabilmente nasce a Mosca. Da bambina le piace dipingere sui sassi mentre si trova con la madre a Montecarlo. Il padre è scomparso che lei ha cinque anni, forse i genitori hanno divorziato, forse l’uomo si è tolto la vita. Va a scuola a Losanna, e poi a Rydzyna, in un prestigioso collegio. Le piace viaggiare, ama San Pietroburgo con il suo Hotel Astoria, dal bellissimo giardino d’inverno. Ed è San Pietroburgo che sposa Tadeusz Lempicki, dal quale ha una figlia, la piccola Kizette. Non è un matrimonio felice.
Tamara de Lempicka frequenta Joyce, Cocteau, Colette, Gide. Le piacciono i locali per sole donne, indossa abiti maschili. Espone al Salon des Indépendants e al Salon d’Automne e si comincia a parlare di lei, ma come uomo: Tamara firma le prime opere Lempitzki. Incontra anche Marinetti con il quale decide di andare a incendiare il Louvre, naturalmente non ci riescono. Il marito mal sopporta le sue amicizie e relazioni, l’uso di cocaina, i rientri in mattinata, e pure il suo modo di lavorare: mentre dipinge ascolta Wagner a tutto volume.
È nel 1925 che inaugura la sua personale a Milano, nella galleria Bottega di Poesia. Trenta dipinti e otto disegni, il 28 novembre. È in quell’occasione che conosce Gabriele D’Annunzio, che la desidera follemente. D’Annunzio ha avuto molte muse: le attrici Eleonora Duse e Cécile Sorel, la ballerina Ida Rubinstein, la pittrice Romaine Brooks, la femme fatale marchesa Casati. E Tamara. D’Annunzio è ormai anziano, non più affascinante, ma la sua corte è spietata. Lo sfondo della vicenda è la sua celebre villa sul Lago di Garda, il Vittoriale, arredata in modo un po’ kitsch. D’Annunzio chiede a Tamara de Lempicka un ritratto.
I due giocano a rincorrersi duranti i dieci giorni di permanenza della bella pittrice al Vittoriale. Lui mette in atto tutti gli stratagemmi che conosce per sedurla, ma lei fugge. Tamara si concede, ma mai del tutto. Arriva a chiamare un taxi nel cuore della notte per scappare in un hotel di Brescia. A quel punto D’Annunzio le invia un messaggero che cavalca un cavallo bianco, per farle recapitare una poesia dal titolo Alla donna d’oro. E pure un magnifico anello di topazio.
È una storia bizzarra – documentata da Franco Maria Ricci in Tamara De Lempicka (Franco Maria Ricci Editore, Parma, 1977) – fatta di seduzione, gioco, e pure insulti: la pittrice chiamò il poeta “vecchio nano informe”, D’Annunzio sparò alcune cannonate a salve dal parco del Vittoriale, inneggiando a Tamara, alla Polonia, e alla sua arte.
Il libro
Gilles Néret, De Lempicka (Taschen)