L’ANONIMATO È MEGLIO DELLA FAMA, LO DICE EMILY DICKINSON IN UNA POESIA
Emily Dickinson, una delle più grandi poetesse di tutti i tempi, ha scritto una poesia per dire che l’anonimato è preferibile alla fama. Fa proprio il “vivi nascosto” di Epicuro, in due strofe dove alterna il tetrametro giambico e il trimetro giambico. Dickinson utilizza alliterazione, anafora e similitudine, per dire che è più facile ritrovarsi tra simili quando non si è esposti al pubblico sguardo. La poetessa si dichiara ordinaria, è simile a tanti altri.
Nacque a Amherst, nel Massachussetts, una piccola città di religione e cultura puritana, da lì non si mosse mai. Il padre la ritirò da scuola superiore dopo un anno, e lei si formò da autodidatta, grazie anche ai consigli di Benjamin Newton. Dopo la sua morte, la sorella Vinnie scoprì i suoi versi, li teneva nascosti.
Io sono Nessuno! Tu chi sei?
Sei Nessuno anche tu?
Allora siamo in due!
Non dirlo! Potrebbero spargere la voce!Che grande peso essere Qualcuno!
Così volgare — come una rana
che gracida il tuo nome — tutto giugno —
ad un pantano in estasi di lei!
E in effetti la poetessa visse un’esistenza reclusa, particolare che l’ha resa famosa. Questa è la più famosa e più giocosa nella difesa della privacy spirituale che lei ha privilegiato, imponendo a se stessa di non essere nessuno, lusso incomprensibile per tutti i “qualcuno”.
Loro sono troppo impegnati a mantenere i propri nomi in circolazione, gracchiando come rane nella palude in estate. Le rane, costantemente, dicono il proprio nome e solo quello, il loro verso è paragonato dal poeta a quello dei “qualcuno” desiderosi di rivendicare la propria identità.