5 SCRITTRICI ITALIANE CHE DOVRESTI LEGGERE (SE NON L’HAI GIÀ FATTO)
Sono donne dalla vita eccezionale, oppure no. Sono timide o carismatiche, sfuggenti o malinconiche, spesso temerarie. Anche se non esiste una letteratura “femminile“, ci piace andare a cercare, con voi, per descriverle e scoprirle, autrici straordinarie che sono spiccate nel panorama letterario italiano. Ne abbiamo scelte cinque, le nostre preferite, ma la lista è da allungare come più vi piace.
1. CRISTINA CAMPO
Vittoria Guerrini, ovvero Cristina Campo, è nata a Bologna nel 1923, una delle voci poetiche più alte del Novecento, straordinaria interprete della spiritualità della letteratura europea. Studiosa di Hofmannsthal, riscoprì il mondo pieno di mistero e simbologia delle fiabe. Traduttrice e critica, maturò la sua formazione a Firenze, conoscendo grandi poeti e intellettuali, poi si trasferì a Roma. Lì conobbe, in sodalizi umani e intellettuali, personaggi di spessore come Mario Luzi, Ignazio Silone, Mario Monicelli, Bobi Bazlen. Sostenne Danilo Dolci in momenti difficili. Ernst Bernhard le fece scoprire Jung. Consulente editoriale, scrisse su riviste, studiò la mistica occidentale ed orientale, i grandi classici e i poeti di ogni tempo. Da leggere: La tigre assenza (Adelphi)
2. ADA NEGRI
Prima e unica donna a essere ammessa all’Accademia d’Italia, è stata scrittrice, poetessa e insegnante. Nacque in una famiglia povera di Lodi nel 1870, suo padre era vetturino, sua madre tessitrice: la sua infanzia trascorso nella portineria dove lavorava sua nonna Peppina, osservando la gente che passava, come ha scritto nell’autobiografia Stella Mattutina. Da giovane, cominciò a collaborare con diversi giornali e raccolse le sue prime poesie nella raccolta Fatalità che le diede subito fama. Conobbe i membri del Partito Socialista, diventò amica di Filippo Turati e della sua compagna Anna Kuliscioff, e la sua lirica cominciò a descrivere e denunciare problemi sociali, tanto che fu definita la sua lirica si concentrò soprattutto su temi sociali ed ebbe forti toni di denuncia, la poetessa del Quarto Stato. Erano gli anni in cui Mussolini utilizzava ancora i rapporti nati nel suo periodo socialista, e la poetessa venne insignita di un premio che la consacrò come intellettuale di regime. Ma ormai, Ada Negri, si era ritirata a vita privata, in una ritrovata religiosità.
Da leggere: Stella Mattutina (Lindau)
3. GOLIARDA SAPIENZA
Le parole nutrono, e come il cibo vanno scelte bene prima di ingoiarle. Lo scrive Goliarda Sapienza nel suo L’arte della gioia (Einaudi), il capolavoro di una donna di lettere, teatro e cinema, anarchica e appassionata. Come racconta Angelo Pellegrino nella prefazione e Domenico Scarpa nella postfazione, L’arte della gioia lo rifiutarono tutti. Goliarda Sapienza lo scrisse nel 1969 ma il merito e il valore del testo venne riconosciuto solo nel 2005. Prima che in Italia, fu pubblicato in Francia dove ebbe subito un successo enorme perché così vero e vitale.
Da leggere L’arte della gioia (Einaudi)
4. AMELIA ROSSELLI
La vita di Amelia Rosselli inizia sull’isola di Lipari dove viene concepita. È il 1929. Il padre, Carlo Rosselli, è stato mandato al confino, imprigionato alle Eolie. Si trovava sull’isola insieme alla madre di Amelia, Marion Cave, inglese, attivista. Hanno già un bambino, si chiama John, detto Mirtillino, nato poco dopo il matrimonio, a Genova, una manciata di anni prima. I novelli sposi hanno abitato per un po’ a Milano, negli anni in cui il fascismo ha finito di inasprire la lotta contro i dissidenti: Turati, Pertini e Olivetti partono per Parigi. Carlo e Marion rimangono in Italia. La vita di Amelia Rosselli finisce nel cuore di Roma. L’11 febbraio 1996 si getta dal ballatoio della sua mansarda di via del Corallo, una strada del Rione Parione, vicinissima a Piazza Navona. Quella casa era piccola e angusta, fatta di una stanza e di un corridoio. Ha telefonato alla sua amica Giacinta che non ha fatto in tempo ad arrivare.
Da leggere tutto!
5. GRAZIA DELEDDA
È l’unica italiana ad aver vinto il Nobel per la letteratura. Quando le venne consegnato il premio disse: «Sono nata in Sardegna; la mia famiglia è composta di gente savia, ma anche di violenti e di artisti produttivi». Di carattere quieto e trattenuto, la sua giovinezza venne segnata da una serie di tragedie famigliari molto dolorose: il fratello maggiore, Santus, abbandonò gli studi e divenne un alcolizzato, il più giovane, Andrea, fu arrestato per piccoli furti. Il padre morì per una crisi cardiaca quando Grazia Deledda aveva soltanto 21 anni e la famiglia dovette affrontare difficoltà economiche. Quattro anni più tardi morì anche la sorella Vincenza. Nel frattempo però la giovane sarda aveva iniziato a scrivere. Pubblicò la sua prima novella nel 1886, all’età di quindici anni, su un giornale nuorese. Due anni dopo cominciò a collaborare con varie altri giornali e riviste, prima sarde e poi romane, di non particolare levatura. Poi pian piano, incomincia a diventare più nota e apprezzata.
Da leggere: Canne al vento (Garzanti)