WILLIAM BLAKE E L’IMMAGINAZIONE
William Blake credeva nell’immaginazione. Per lui era il pilastro su cui fondare tutto, la parte essenziale dell’essere umano e una fonte inesauribile di bellezza. Attraverso l’immaginazione, l’uomo esplorare la propria natura, raggiungere gli anfratti nascosti della mente, forzare i limiti.
Per questo, quando all’artista venne commissionato un lavoro da parte del reverendo John Trusler, era il 1777, fece qualcosa di stupefacente, spingendosi oltre, usando l’immaginazione per trasfigurare le semplici figure religiose che sarebbero dovute essere la cornice di un testo sulla moralità, sulla bontà e il male. Trasgredendo al gusto dell’epoca, William Blake venne frainteso dal reverendo, che affermò con sicurezza che l’immaginazione di questo straordinario genio apparteneva al “mondo degli spiriti“: era qualcosa di oscuro, bizzarro e stravagante. Troppo. Blake rispose al reverendo che lo criticava con una lettera, per spiegare che nonostante avesse cercato di seguire la indicazioni relative alle illustrazioni, non poteva che assecondare se stesso, la propria immaginazione e il proprio stile, unico e diverso da qualsiasi altro. Non avrei mai potuto fare diversamente, ha scritto Blake, ho seguito il mio angelo e il mio genio.
Perché bellezza e bruttezza vivono esclusivamente negli occhi di chi guarda e giudica. Secondo Blake è necessario allenare allenare lo sguardo per notare ciò che è davvero bello e nobile. Questo sì che cambierebbe il mondo, secondo l’artista. Agli occhi di un avaro, una ghinea è molto più bella del Sole, scrive l’artista, e per qualcuno un albero che si muove al vento può è commovente, per altri invece è solo un’ostacolo per guardare oltre. La natura, per alcuni, è deforme e imperfetta, e con queste persone, afferma Blake, non vuole avere niente a che fare. La persona che cerca, con la quale è affine, è l’uomo capace di immaginare, perché immaginare è nella nostra natura. Per me, questo mondo è una visione continua di fantasia o immaginazione.