NESSUNO DICE MAI QUANT’È DIFFICILE LA GIOVINEZZA. MARIA LUISA SPAZIANI

Maria Luisa Spaziani è stata una poetessa tra le più importanti del panorama nazionale ed europeo, nonché storica della letteratura francese. Nacque a Torino il 7 dicembre 1922, e ancora studentessa cominciò a scrivere su una piccola rivista di cui diventò direttrice, era Il Girasole, poi Il Dado, sulle cui pagine uscirono testi di Saba e Penna, di Pratolini e Virginia Woolf. A Torino studiò Lingue e si laureò con una tesi su Marcel Proust, innamorata della Francia, della sua cultura e dei suoi autori, soggiornò a Parigi dal 1953.

Maria Luisa Spaziani diventò grande amica di Eugenio Montale, erano entrambi al Teatro Carignano quando si incontrarono e continuarono a frequentarsi a Milano, in coincidenza dell’inizio della sua attività di poeta. Le sue prime poesie uscirono nel 1954 per Mondadori sulla rivista Specchio, la raccolta si intitola Le acque del Sabato, che racchiude l’idea di poesia come contemplazione, riallacciandosi alla lezione leopardiana.

Viaggiò negli Stati Uniti, era un viaggio premio per giovani di talento promosso da Kissinger, e, visto che la fabbrica di suo padre era in fallimento, la giovane Maria Luisa Spaziani cominciò a lavorare come insegnante di francese in un collegio di Torino, e le piaceva moltissimo: questa felicità emerge nelle sue poesie di Luna lombarda (1959) e in Utilità della memoria (1966). Nel 1948, Spaziani sposò Elémire Zolla, studioso di esoterismo e misticismo, ma durò fino al 1960.

La sua opera più celebre, che la consacrò, è Giovanna d’Arco, dove, in un intreccio di endecasillabi, ne reinventa la storia. Candidata tre volte al Premio Nobel per la Letteratura, le è stato dedicato un Meridiano, uscito nel 2012, uscito due anni prima della sua morte, a Roma, il 30 giugno 2014.

Ecco tre delle sue poesie:

 

Nessuno dice mai

Nei miei vent’anni non ero felice
e non vorrei che il tempo s’invertisse.

Un salice d’argento mi consolava a volte,
a volte ci riusciva con presagi e promesse.

Nessuno dice mai quant’è difficile
la giovinezza. Giunti in cima al cammino
teneramente la guardiamo. In due,
forse la prima volta.

Nulla di nulla

Strappami dal sospetto
di essere nulla, più nulla di nulla.
Non esiste nemmeno la memoria.
Non esistono cieli.

Davanti agli occhi un pianoro di neve,
giorni non numerabili, cristalli
di una neve che sfuma all’orizzonte
– e non c’è l’orizzonte -.

Parigi dorme

Parigi dorme. Un enorme silenzio
è sceso ad occupare ogni interstizio
di tegole e di muri. Gatti e uccelli
tacciono. Sono io di sentinella.

Agosto senza clacson. Sopravvivo
unica, forse. Tengo fra le braccia
come Sainte Geneviève la mia città
che spunta dal mantello, in fondo al quadro.