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NON SOLO ARANCIA MECCANICA. DI QUANDO ANTHONY BURGESS INCONTRÒ MUSICA

La musica arriva direttamente al cuore, scrisse Oliver Sacks, perché non ha bisogno di nessuna mediazione.
Tra i letterati appassionati di musica c’è senz’altro Anthony Burgess (25 febbraio 1917 – 22 novembre 1993), grande romanziere, saggista, traduttore e anche compositore. Sì, perché l’autore di Arancia meccanica, satira distopica che tutti conosciamo perché nel 1971 Stanley Kubrick ne ha fatto un film diventato di culto, ha considerato da sempre la musica la suprema passione della sua vita. E proprio alla musica ha dedicato un libro, intitolato This Man and Music, in cui intreccia ricordi e indagini personali, ma che si potrebbe definire anche un trattato filosofico sul significato della musica nella vita.

Tra i ricordi, quello con cui comincia il libro è straziante. Anthony Burgess racconta del padre, che quando lui era piccolo, aveva appena 18 mesi, tornò a casa da lavoro e trovò la madre del futuro scrittore e la sorellina di sei anni morte di influenza spagnola. Lui, piccolino, era nel lettino da solo.

Una vita che comincia nell’oscurità, quindi, in cui la luce che brilla più forte e che salva è quella della musica, scoperta presto. Da ragazzino viveva sopra un negozio di alcolici insieme al padre e alla matrigna, nel libro racconta un altro ricordo: poiché non gli era permesso di ascoltare musica di sera, ha assemblato una radio tutta sua, con bobina, condensatore, auricolari. Era venerdì. Il giorno dopo, invece di andare a giocare a calcio, è rimasto ad aggiustare e modificare l’aggeggio, cercando di sintonizzarlo sulla BBC Dance Orchestra. Il suono non era granché, poi, all’improvviso, il giovane Burgess lo ha sentito: un assolo di flauto, sinuoso, esotico, incantevole, ha riempito la sua piccola stanza mansardata, e poi clarinetti, arpe, cimbali antichi, ma il flauto, soprattutto il flauto, l’ha colpito. Pochi secondi dopo, la voce in radio ha annunciato che la musica che stava ascoltando era L’Après-midi d’un Faune di Claude Debussy. È stato il suo momento, il momento in cui Anthony Burgess e la musica si sono incontrati. Un istante di riconoscimento della bellezza.

Questo per quanto riguarda Burgess e il suo primo incontro con la musica, un incontro che si trasformò presto in una duratura e produttiva relazione amorosa. Burgess si laureò in lettere e diventò insegnante, lavorò non solo in Inghilterra ma anche in Asia e negli Stati Uniti, in Europa e in Italia, a Roma in particolare. A Roma mise in pratica le sue conoscenze musicali, scrivendo sinfonie, sonate e concerti eseguiti da orchestre in tutto il mondo. Scoprì la scrittura a 35 anni, come una rivelazione di quelle che chiamava “impulsi estetici”.

Nel suo libro più famoso, Arancia meccanica (letteralmente Un’arancia a orologeria), grande riflessione sul male e sulla violenza, la musica ha un ruolo fondamentale. Lo scrittore che aveva composto anche musica da camera, per il pianoforte, suite di balletto, colonne sonore e molto altro, attingendo dalla musica classica e popolare ma anche dal jazz, crea una colonna sonora di fantasia per il suo romanzo, evitando pop e rock ‘n’ roll, considerati corruttori dell’animo, all’epoca, ma ricorrendo a Beethoven come dispositivo strutturale ed estetico. “Il vecchio Ludwig Van” lo chiama Alex, protagonista del libro, antieroe colto e intelligente. Secondo Martin Amis, Burgess insiste sull’amore di Alex per Beethoven proprio per insinuare l’idea che anche il cattivo sia sensibile alla bellezza, dotato quindi di anima, e persino di un sospetto di innocenza. Quando la tortura detta “Cura Ludovico” rimuove l’amore per la musica in Alex, anche la sua anima muore, ed è colpa della degenerazione dello Stato, come Burgess sottolinea nel libro.