Buon compleanno Virginia Woolf! Rileggendo “Una stanza tutta per sé”

Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf, uscito il 24 ottobre 1929 che si basa su due conferenze tenute dalla scrittrice a Newnham e Girton, due college femminili dell’Università di Cambridge, l’anno prima.

Una stanza tutta per sé è servito a molte ragazze, di ieri e di oggi. Alle donne di ieri e di oggi. La rivincita delle donne, infatti, è accompagnata da questo testo fin da quel giorno del 1929. Una rivincita che usa gli strumenti della satira e dell’immaginazione. Che cosa avrebbe fatto la sorella di Shakespeare nella vita? Come se la sarebbe cavata nella Londra elisabettiana? Povertà, gravidanze indesiderate, priva di indipendenza giuridica ed economica: la vita creativa della sorella di Shakespeare sarebbe stata consumata dall’educazione dei figli e da un lavoro usurante.

Un saggio di brillante intelligenza è Una stanza tutta per séChe brucia però, sotto la superficie delle sue imperturbabili pagine, di rabbia. E brucia perché ciò che vuole la scrittrice è l’indipendenza delle donne, il suo è un invito alla riflessione e una proposta innovativa e coraggiosa. Critica acuta dei suoi tempi, Virginia Woolf sfida il sistema patriarcale vigente, che permette all’uomo di scegliere in piena libertà come vivere e alla donna di impegnarsi a sostenerlo, appoggiando l’impresa del maschio, invece di decidere il proprio percorso in autonomia.

Una questione di soldi. Sì, una donna deve avere del denaro e una stanza tutta per sé, dice Virginia Woolf, se quello che vuole è dedicarsi alla propria attività creativa. Se vuole scrivere, per esempio. Servono 500 sterline all’anno e una porta con la serratura. 500 sterline l’anno è l’importo che la scrittrice stessa ha avuto come eredità dalla zia: bastano, dice, a una donna che desidera scrivere.

La povertà, l’indigenza, la scarsità di risorse economiche incide sulla scrittura e sulla libertà. La libertà intellettuale dipende da fattori materiali. Le donne sono sempre state povere, non nel 1929 ma da sempre, dall’inizio dei tempi. E lo sono ancora, spesso, più povere degli uomini.

L’invito di Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé è un invito all’azione. La sorella di Shakespeare non ha mai scritto una parola, una frase, un verso, una battuta di un’opera teatrale, ma vive in ogni donna. E i grandi poeti non muoiono mai. Alle donne, Woolf dice: scrivete, scrivete di ogni argomento, non datevi confini e immaginate. Valeva nel 1929, vale anche oggi. Ecco le ultime brucianti righe:

Ora, è mia ferma convinzione che questa poetessa che non scrisse mai una parola e fu seppellita nei pressi di un incrocio, è ancora viva. Vive in voi, e in me, e in molte altre donne che non sono qui stasera perché stanno lavando i piatti e mettendo a letto i bambini. Eppure lei è viva. Perché i grandi poeti non muoiono; essi sono presenze che rimangono; hanno bisogno di un’opportunità per tornare in mezzo a noi in carne e ossa. E offrirle questa opportunità, a me sembra, comincia a dipendere da voi. Poiché io credo che se vivremo ancora un altro secolo – e mi riferisco qui alla via comune, che è poi la vita vera e non alle piccole vite isolate che viviamo come individui – e se riusciremo, ciascuna di noi, ad avere cinquecento sterline l’anno e una stanza tutta per sé; se prenderemo l’abitudine alla libertà e il coraggio di scrivere esattamente ciò che pensiamo; se ci allontaneremo un poco dalla stanza di soggiorno comune e guarderemo gli esseri umani non sempre in rapporto l’uno all’altro ma in rapporto alla realtà; e così pure il cielo, e gli alberi, o qualunque altra cosa, allo stesso modo; se guarderemo oltre lo spauracchio di Milton, perché nessun essere umano deve precluderci la visuale; se guarderemo in faccia il fatto – perché è un fatto – che non c’è neanche un braccio al quale appoggiarci ma che dobbiamo camminare da sole e dobbiamo entrare in rapporto con il mondo della realtà e non soltanto con il mondo degli uomini e delle donne, allora si presenterà l’opportunità, e quella poetessa morta, che era la sorella di Shakespeare, riprenderà quel corpo che tante volte ha dovuto abbandonare. Prendendo vita dalla vita di tutte le sconosciute che l’avevano preceduta, come suo fratello aveva fatto prima di lei, lei nascerà. Ma che lei possa nascere senza quella preparazione, senza quello sforzo da parte nostra, senza la precisa convinzione che una volta rinata le sarà possibile vivere e scrivere la sua poesia, è una cosa che davvero non possiamo aspettarci perché sarebbe impossibile. Ma io sono convinta che lei verrà, se lavoreremo per lei, e che lavorare così, anche se in povertà e nell’oscurità, vale certamente la pena.