Guida ragionevole #9

 Touch me I’m Sick dei Mudhoney 

Sono trascorsi 32 (!!??) anni dalla pubblicazione del singolo Touch Me I’m Sick dei Mudhoney, la più importante e seminale band della scena di Seattle di fine Anni Ottanta, prima ancora di Nirvana, Screaming Trees e molti altri. Pubblicato nel 1988, numero 18 del catalogo Sub Pop, prima tiratura di appena 800 esemplari senza copertina (l’immagine della tazza da water comparve nelle ristampe), Touch me I’m Sick è un brano di quelli che fanno la storia, capace di racchiudere in 2 minuti e 32 secondi l’essenza di quel fenomeno etichettato come grunge: un paio di secondi di rumore di un amplificatore acceso, poi, in rapida sequenza, un ruvidissimo riff di chitarra distorta, un urletto che introduce l’ingresso della batteria, un urlaccio più convinto… e via al caos.

Un testo “ironico” al vetriolo che distilla malessere, tonnellate di fuzz, potenza hard rock, garage punk, Stooges, MC5, Blue Cheer, noise, drumming devastante, in una parola tutto quello che il grunge doveva essere e che purtroppo, almeno in molti casi, non è stato.

Questo singolo, a pari merito con l’EP Superfuzz Big Muff, fu per la band il pezzo di maggior impatto, un po’ come Anarchy in the UK per i Sex Pistols o Satisfaction per i Rolling Stones. Né l’album d’esordio, per quanto ottimo, né i successivi LP avranno la freschezza e la violenza di questo singolo e non riescono a replicare l’atmosfera unica di quel giorno di Aprile del 1988 in sala di registrazione con i Mudhoney e Jack Endino (Dio lo benedica!).

In realtà il brano di punta doveva essere la più torbida ballad lato B Sweet Young Thing Ain’t Sweet No More, storia di una madre che capisce che la figlia è una tossicodipendente. I Mudhoney non furono i primi; Seattle aveva già una piccola scena musicale resa poi famosa dall’esplosione del grunge, formata da band come Skin Yard, Melvins (anche se di Aberdeen), i Green River (ex band di Turner e Arm dei Mudhoney) ed altri, ma i Mudhoney furono al posto giusto nel momento giusto.

Da quel momento il grunge scosse con la forza di un terremoto prima Seattle e poi il resto del mondo underground, prima negli States, poi in UK ed infine in Europa e nel resto del mondo, diffondendo anche il look dei ragazzi della cittadina del Northwest: capelli lunghi arruffati, camicioni a quadrettoni e tanta birra. Seattle divenne di moda anche grazie a film girati in città ispirati al grunge come Clerks, Giovani carini e disoccupati e Singles con una colonna sonora basata sulla “nuova musica”, e la Sub Pop Records divenne l’etichetta “cool” per eccellenza.

Solo in un posto cosi poco “trendy” (nel 1988) e lontano dalle mode poteva nascere quel genere musicale che miscelava hard rock e punk con riferimenti sixties, un genere che rinvigorì il rock anche se venne nel giro di poco fagocitato da major e Tv facendolo diventare una moda.
I Mudhoney aprirono poi la strada a grandi gruppi come Nirvana, Pearl Jam, Alice in Chain, Soundgarden e tanti altri, dando vita ad una generazione di giovani musicisti che nel corso degli anni diventeranno le nuove icone del rock.

Touch Me I’m Sick è anche un libro di Charles Peterson pubblicato nel 2003 che celebra l’ultima volta che il rock è stato grande, un’epoca in cui per un attimo l’underground fu vincitore sul mainstream e in cui da una piccola città in un angolo dell’America si sprigionò un’energia musicale che ancora oggi non può dirsi esaurita né dimenticata.
La band, per tre quarti con l’organico originale, esiste ancora oggi, unica superstite della prima generazione grunge che a cavallo tra 80 e 90.

Mark Arm dichiarò: «Io non penso a me tanto come musicista, piuttosto uno a cui piace colpire la chitarra e tirarci fuori suoni distorti e pieni di fuzz. La mia idea, quando ho cominciato con i Mudhoney, era di rendere le chitarre assai rumorose e distorte, e le canzoni un po’ più semplici di quanto lo fossero prima.»

Chiaro ?!

 

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