Armi, nemico, trincea, guerra: il virus e la dialettica bellica. Di Manuele Fior
Basta chiamate alle armi, non siamo in guerra contro nessuno.
Il propagarsi di un virus è un processo biologico naturale, non troppo diverso in sé dall’inseminazione delle piante, dalla fotosintesi clorofilliana, dalla catena alimentare: esiste da sempre e si può presumere che esisterà per sempre.
Un virus non esiste per farci la guerra ma per moltiplicarsi e continuare a vivere, più o meno quello che cerca di fare qualsiasi essere vivente su questo pianeta.
La guerra chiede agli uomini di dividersi in schieramenti che si fronteggiano, una strategia che abbiamo visto non sta funzionando. La guerra vuole dei vincitori e degli sconfitti, ma non è così che concretamente andrà a finire questa storia. Dovremo imparare a convivere, limitando al massimo i danni che il virus può arrecarci.
Se pensiamo per esempio a questa sfida come una grande opera d’ingegneria, il campo si fa più sgombero da equivoci.
C’é chi lavora per guarire i malati, chi studia un vaccino o una cura, chi assicura il funzionamento del commercio alimentare, chi porta dei pacchi, chi è costretto a lavorare e dovrebbe fermarsi, chi invece è costretto a stare a casa e può lavorare a nuovi progetti, preparare il dopo, studiare come uscirne.
Se la pioggia ci bagna e poi ci ammaliamo, non dobbiamo fare la guerra alle nuvole, ma costruire un tetto. Il fatto che un’ape ci punga non fa di lei un nemico, basta riuscire a proteggersi dal suo pungiglione.
È desolante non riuscire a emanciparsi neanche in questa situazione dal un lessico guerresco e da una dialettica bellica, come se la guerra fosse l’unica possibilità che concepiamo di uscire da una situazione. Politici, economisti, giornalisti, anche i più attenti osservatori continuano a esprimersi con quelle due o tre parole che conosciamo per risolvere i problemi a grande scala: armi, nemico, trincea, guerra.
Ma questa non è una guerra, a meno che non pensiamo a tutto il cammino evolutivo dell’uomo, dalla prima caverna, al controllo del fuoco, all’invenzione degli utensili, alla confezione dei vestiti, all’addomesticamento degli animali, alla scoperta dell’agricoltura, a tutta l’architettura, alle scoperte scientifiche, alle espressioni artistiche, alla nostra nuda esistenza su questo pianeta come una lunga guerra senza fine.
Manuele Fior ha da poco scritto questa cosa qui su Facebook.
Gli abbiamo chiesto se potevamo usarla e lui ci ha risposto di sì. Lo ringraziamo tantissimo.
Manuele Fior nato a Cesena nel 1975, ha vissuto a Venezia, a Berlino e a Oslo; ora risiede a Parigi. Artista di respiro internazionale, è uno dei disegnatori più apprezzati in Italia e all’estero. Collabora con le sue illustrazioni a riviste come The New Yorker, Le Monde, Vanity Fair, a quotidiani come la Repubblica e Il Sole 24 Ore, a case editrici come Feltrinelli, Einaudi, EL. Nel 2017 le ha raccolte e commentate ne L’ora dei miraggi. Con il graphic novel Cinquemila chilometri al secondo ha vinto il premio Fauve d’Or come Miglior Album al Festival Internazionale di Angoulême 2011. L’intervista segna il suo esordio nel bianco e nero. Ha inoltre pubblicato Le variazioni d’Orsay e I giorni della merla, raccolta di racconti brevi. Progressivamente entreranno a far parte del catalogo di Oblomov tutti i titoli dell’autore, a partire dai primi Rosso Oltremare e La signorina Else, racconto illustrato tratto dall’omonimo romanzo di Arthur Schnitzler. Celestia (Oblomov) è il suo ultimo libro, presentato anche al Circolo dei lettori.