Samuel Beckett. Peggio tutta, l’ultimo grandioso fallimento
Samuel Beckett nasce il 13 aprile 1906 a Dublino da genitori protestanti. Particolarmente dotato negli studi e nello sport, è ancora oggi l’unico Premio Nobel ad apparire nel Wisden Cricketers’ Almanack, il più illustre libro del cricket inglese. Studente modello, atleta dalle capacità eccezionali, nessuno si sarebbe mai aspettato che Samuel, non appena ottenuta la cattedra al Trinity College, abbandonasse d’improvviso la carriera università, lamentando di non sopportare l’eccessiva pedanteria dei suoi colleghi.
Da quel punto in poi, impiega tutte le sue forze per raggiungere un unico scopo: raccontare l’indicibile sondando i retroscena dell’uomo, con crudeltà e fermezza. Per riuscire nel suo intento, comincia a scrivere opere teatrali che si svolgono entro ‘’un tempo congelato, un enorme pausa’’, dove anche il linguaggio sembra non rispettare un ordine temporale, si ingarbuglia e retrocede.
L’indicibile beckettiano si compie con frasi nominali taglienti e un punto alla fine di ogni periodo che si fa metronomo, obbligandoci a fermarci con un sussulto. Nell’ottica della sua opera, vale la pena soffermarci su un testo poco conosciuto in Italia, Peggio tutta, pubblicato per la prima volta da Einaudi nel 2008 a cura di Gabriele Frasca. Il titolo originale è Worstward Ho, a detta dello stesso Beckett ‘’intraducibile in una lingua latina’’, termine proveniente dal gergo marinaro, che fa riferimento agli ordini nella sala macchina delle navi.
Ma qual è il tema affrontato dal Premio Nobel nel suo ultimo racconto prima della morte?
Niente meno che il suo opposto, la vita. La scena è fissa, come sempre rarefatta: un bambino tiene per mano un uomo anziano, l’ombra di una donna si inginocchia su una lapide. I tre comunicano in lingua creola, come dice Gabriele Frasca, un franglais (françaia+anglais), la fusione di due codici per tentare, in un’ultima prova di coraggio, di esprimere il suo caro indicibile. E questa volta riesce finalmente nel suo intento. Grazie all’ingegnoso escamotage linguistico l’io si fa da parte, muore e lascia spazio al buio, una tenebra che secondo Beckett può schiarire senza la nebbia delle parole.
L’uomo, comunque, ha perso la battaglia con la vita. Non c’è vero respiro nel mondo di Peggio tutta, non esistono speranza o redenzione. La nostra storia è destinata a ripetersi concentrica, secondo la più celebre delle frasi beckettiane: “Tenti sempre. Fallisci sempre. Non importa. Tenta di nuovo. Fallisci di nuovo. Fallisci meglio.”