Cristina Campo. La poetessa mistica del nostro Novecento

Nata a Bologna il 29 aprile 1923, Cristina Campo ha attraversato il Novecento italiano come un cometa, sola di una solitudine dapprima imposta (era malata di cuore, per questo non frequentò la scuola con i suoi coetanei) poi voluta, scelta e desiderata fino alla fine.

Di lei dicevano che era incantevole per la sua «naturale indipendenza del giudizio», che, già da bambina, «era viva, intelligente, con degli occhi bellissimi» e «sapeva tutto» (così Anna Bonetti e Alessandro Spina, che la ricordano) ma mai, mai nessuno raccontò di aver sentito da lei un luogo comune, o un pensiero d’altri. Forse proprio per questo, per un’indubbia originalità, la vicenda campiana è segnata dalla diffidenza, dalla perplessità dei suoi contemporanei che, calati negli anni Cinquanta-Sessanta, tra impegno sociale e poesia schizofrenico-schizomorfa, guardarono sempre a quella donna fuori dal tempo con sospetto. Alla ricerca continua del pensiero e dell’anima, incurante delle faccende terrestri (le sue «vere radici erano in cielo e non sulla terra» come sosteneva Arnoldo Pini), Campo scrisse poesie a cui non servivano coordinate, ma che si orientavano da sé, attenendosi a esclusive mappature.

Cristina Campo portò il suo pensiero a toccare vette altissime; con una tensione spirituale di tipo dostoevskiano, tenne lo sguardo puntati verso l’alto, gli occhi, se non osservava o scriveva, puntati sulle pagine di Simone Weil, Christina Rossetti, Emily Dickinson, amiche vicine e lontane, conosciute o soltanto amate, considerate sorelle d’anima, quasi compagne di convento.

La soglia, qui, non è tra mondo e mondo
né tra anima e corpo,
è il taglio vivente ed efficace
più affilato della duplice lama
che affonda
sino alla separazione
dell’anima veemente dallo spirito delicato
finché il nocciolo ben spiccato ruoti dentro la polpa
e delle giunture dagli ossi
e dei tendini dalle midolla:
la lama che discerne del cuore
le tremende intenzioni
le rapinose esitazioni.
Due mondi – e io vengo dall’altro.

«Due mondi – e io vengo dall’altro» è l’incipit di Diario bizantino, apparso per la prima volta nel 1977, su «Conoscenza religiosa», subito dopo la morte della scrittrice, ora contenuto nel volume di poesie e traduzioni, La Tigre Assenza (Adelphi).

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