W. G. Sebald insegue l’ombra di un genio, Robert Walser
Robert Walser scrive solo a matita. I suoi personaggi vivono nel “paese del lapis“, un posto a rischio, basterebbe un acquazzone a spazzarlo via. Alcune frasi sono così sottili, un tratto appena visibile di grafite, che nessuno riesce a decifrarle. Nessuno riesce a decifrare nemmeno Walser, che si nasconde nei suoi logori vestiti, in minuscoli appartamenti svizzeri, in lunghe passeggiate solitarie. Walser che non possiede niente, neanche i propri libri. Walser il pazzo o, come dice di lui il fratello, “il più solitario tra i poeti solitari“. Inesplicato, taciuto, celato. Per Elias Canetti, qualcosa nella sua scrittura rimane sempre in ombra. Similmente a Kafka, Walser disconosce la sua angoscia.
Sebald lo descrive così com’è, per ciò che vede, per ciò che si vede. Walser non aveva mobili e non possedeva beni materiali (la carta, solo quella, ma di seconda mano). La sera spiava le cameriere del Zum Blauen dal foro della serratura. Il Walser delle prime righe de I beati anni del castigo, dove lo si vede vagare nell’Appenzell: ”Aveva fatto molte passeggiate quando stava in manicomio, a Herisau, non lontano dal nostro istituto. È morto nella neve.”
Amato da Fleur Jaeggy, da Carl Seelig (suo protettore in vita) e da Elias Canetti, considerato da molti altri un genio, Robert Walser è come un’ombra. Sebald cerca di definirlo e di alzarlo da terra, restituendogli la materialità di uomo: ”Nei miei lavori ho sempre cercato di rendere omaggio a coloro dai quali mi sentivo attratto, di levarmi per così dire il cappello al loro cospetto, prendendone a prestito una bella immagine o qualche espressione particolare: tuttavia, un conto è tracciare un segno in memoria di un collega defunto, un conto è non potersi liberare dalla sensazione che, da quell’altra pagina, qualcuno ti faccia un cenno di richiamo. Chi e che cosa sia stato veramente Robert Walser, non sono in grado di dirlo in modo inoppugnabile, nonostante il rapporto curiosamente stretto che mi lega a lui. ”
Winfried Georg Sebald, nato in Germania, a Wertach, il 18 maggio 1944 si annovera tra i più grandi critici e prosatori contemporanei. Ossessionato dal tema dei ricordi e della memoria, nel tentativo di riparare al trauma delle Seconda Guerra Mondiale, in Il passeggiatore solitario (Adelphi, traduzione di di Ada Vigliani) dispone i caratteri di un uomo come fatti storici, i fatti storici come i caratteri di un uomo: Robert Walser.
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