Federico García Lorca. La morte d’un poeta e l’addio di Pablo Neruda

Federico García Lorca nasce il 5 giugno 1898 a Fuente Vaqueros. Considerato uno dei più grandi poeti spagnoli del Novecento, è stato un artista attivo della Generazione del ’27, un gruppo di scrittori che affrontò con risultati eccellenti le avanguardie artistiche europee. Tra i suoi più cari compagni e amici, Pablo Neruda. I due sono oggi un archetipo; le loro icone troneggiano sull’altare della nuova poesia.

Dopo la prima esperienza di studio a Granada, gli anni passati a Madrid nella prestigiosa residenza La resi (dove conobbe Buñuel e Salvador Dalì), i viaggi in America e la borsa di studio a New York, il giovane Lorca torna in Spagna, dove cresce la sua fama. Uomo instancabilmente ispirato, giocoso, musicista di chitarra e giocoliere di parole e fraseggi, era affascinato dalla cultura gitana e dal surrealismo, dall’amore oscuro (l’amore omosessuale) e dalla terra spagnola.

Ma proprio su quella terra che lui tanto amava, nei primi Anni 30 comincia a stendersi un’ombra nera e la tensione che già cresceva in Spagna raggiunge il suo apice nel 1936: l’anno dello scoppio della Guerra Civile. Da intellettuale apertamente antifascista, Lorca è in pericolo. Eppure, quando gli viene offerta la possibilità di rifugiarsi all’estero, in Colombia o in Messico, lui rifiuta, rilasciando una delle sue ultime interviste al ‘Sol’ di Madrid: «Io sono uno Spagnolo integrale e mi sarebbe impossibile vivere fuori dai miei limiti geografici; però odio chi è Spagnolo per essere Spagnolo e nient’altro, io sono fratello di tutti e trovo esecrando l’uomo che si sacrifica per una idea nazionalista, astratta, per il solo fatto di amare la propria Patria con la benda sugli occhi. Il Cinese buono lo sento più prossimo dello spagnolo malvagio. Canto la Spagna e la sento fino al midollo, ma prima viene che sono uomo del Mondo e fratello di tutti. Per questo non credo alla frontiera politica

Un messaggio di libertà, veicolato da una mente autonoma, troppo autonoma, in un momento in cui qualsiasi argomentazione in favore dell’indipendenza individuale veniva presto interpretata come una minaccia. Il cognato di Lorca, sindaco socialista di Granada, viene fucilato pochi giorni dopo la sua dichiarazione alla stampa, mentre Lorca viene arrestato dall’ex rappresentante della CEDA, ignaro di essere condannato allo stesso destino del cognato.

Per Pablo Neruda la scomparsa dell’amico segna la fine di un mondo: «Federico non venne all’appuntamento. Camminava già verso la morte. Non lo vedemmo più. E in questo modo la guerra di Spagna, che cambiò la mia poesia, cominciò per me con la scomparsa di un poeta.»

Memorabile, la poesia che Neruda gli dedicò quando era ancora in vita (intitolata, appunto, Ode a Federico Garcia Lorca), un ritratto commovente e  affettivo (di tipo familiare, paterno) composto da una lunga serie di immagine, di cui riportiamo la fine:

Federico,
tu vedi il mondo, le strade,
l’aceto,
gli addii nelle stazioni,
quando il fumo alza le sue ruote decisive
verso luoghi dove non ci sono che distacchi,
pietre, strade ferrate.

C’è molta gente che fa domande
in ogni luogo;
e il cielo è sanguinante, e l’adirato, e l’affranto,
e il miserabile, e l’albero delle unghie,
e il bandito con l’invidia sulle spalle.

Così è la vita, Federico,
ecco ciò che può darti l’amicizia
d’un malinconico uomo molto maschio.
Da te stesso, tu sai già molte cose,
e altre andrai imparando lentamente.

(Traduzione di Salvatore Quasimodo)

Immagine: Federico García Lorca. Huerta de San Vicente, Granada, Wikipedia