Jean-Jacques Rousseau. Il lungo trattato sulle strada migliore per crescere
La ricerca del filosofo francese Jean-Jacques Rousseau, nato il 28 giugno 1712, fa sempre riferimento alla natura: “Tutto è bene quando esce dalle mani dell’Autore delle cose; tutto degenera nelle mani dell’uomo”.
Nell’Emilio, pubblicato per la prima volta in Francia nel 1762, Rousseau teorizza il metodo educativo migliore da impartire a un fanciullo. Emilio è un personaggio di fantasia, un soggetto ideale, un bambino aristocratico rimasto orfano, situazione che sottintende la critica del filosofo al metodo con cui venivano cresciuti i figli dei nobili in quel periodo storico. Emilio è orfano, quindi si può ancora salvare dalle convenzioni pre-istituite, è possibile sperimentare con lui un’alternativa. Dopo aver premesso quanto sia fondamentale assecondare la maturazione di tutte le facoltà conoscitive, Rousseau individua nel percorso di crescita tre fasi distinte, di cui l’ultima segna il raggiungimento definitivo dell’età adulta. La prima fase va dai primi anni di vita fino ai dodici ed è il momento in cui il bambino deve affinare la sua conoscenza sensibile, prendendo consapevolezza dell’ambiente che lo circonda, soprattutto attraverso il gioco o l’esplorazione libera. Fino ai dodici anni, quindi, niente lezioni impartite, nessuna regola o costrizione. Secondo Rousseau ‘’i nostri primi maestri di filosofia sono i nostri piedi, le nostre mani, i nostri occhi’’ e coltivare un rapporto intimo e sensoriale con la natura rimane imprescindibile.
La seconda fase si conclude con il raggiungimento del quindicesimo anno di età. È il periodo dedicato allo spirito; il bambino si approccia alla lettura (il primo libro consigliato è Robinson Crusoe), e sotto la guida di un precettore spalanca le finestre sul mondo della cultura, cominciando a indagare il nuovo territorio con stupore. Studia, si interessa senza vincoli, non sostiene esami. Se vuole, può anche cominciare a dedicarsi a un’attività manuale, ad esempio la falegnameria.
La terza fase, dai quindici ai vent’anni, è quella decisiva; duranti questi anni, l’educazione deve far sì che nel fanciulli maturi in primo luogo il sentimento morale e sociale, successivamente il senso religioso. Non saranno le lunghe meditazioni astratte a risvegliare la moralità sociale, bensì l’esempio concreto del precettore, che condurrà il suo Emilio a scoprire il mondo e le sue disparate dinamiche umane.
Immergerci nei trattati di Rousseau, che indagano una strada completamente diversa verso la formazione individuale, ci spinge ancora oggi, a distanza di centinaia di anni, a porci delle domande su ciò che diamo per scontato; dal sistema scolastico alle pedagogia più generale. Delle sue ricerche, possiamo prendere solo l’assunto di fondo: la libertà d’apprendimento.